Il Progetto è riconosciuto a livello europeo nell’ambito del programma Erasmus+, attraverso il quale la Commissione Europea vuole incentivare il lavoro congiunto tra partner di diversi paesi, per costruire un percorso integrato verso una qualità di vita che faciliti il benessere e l’inclusione sociale, contro lo stigma e l’emarginazione.
Un programma strategico per la Comunità europea, se si pensa che i disturbi mentali colpiscono annualmente circa il 27% (83m.) di cittadini europei (European Social Work, 2013).
HERO - condividendo il know-how di diversi Paesi dell’Unione relativo all’inclusione sociale delle persone con grave disagio psichico, i metodi formativi e la prassi consolidata nel settore dell’housing - si propone di studiare, ciò che rende “terapeutico” un luogo o che lo rende fonte di benessere, non solo per gli utenti, ma anche per i loro familiari, gli operatori, i cittadini. Luoghi che devono essere interconnessi, permeabili, abitabili e modificabili. Dove ciascuno possa sentirsi accolto in quanto persona, non connotato né stigmatizzato. Dove ciascuno possa riconoscere che la salute mentale (e non solo) è un patrimonio che riguarda tutti e si raggiunge se tutti ne sono coinvolti.
Per housing si intende un processo che favorisce il passaggio dalla relazione di aiuto all’inclusione sociale. Numerosi studi hanno mostrato come i servizi “community-based” ottengano risultati migliori in termini di conformità al trattamento, sintomatologia clinica, qualità della vita, stabilità dell’abitare e riabilitazione, rispetto ad altri modelli di cura (Braun P. et al.1981; Conway M. et al.1994; Bond et al.2001). Allo stesso tempo, l’housing così inteso è connesso alla salvaguardia dei diritti (cittadinanza, riduzione dello stigma, etc.), alla razionalizzazione della spesa pubblica (offrendo un’alternativa ai costi di un eccessivo ricorso all’istituzionalizzazione) e allo sviluppo di una cittadinanza attiva e competente.
Il progetto "Star bene a scuola s'impara" è un percorso di peer education che si svolge in due scuole superiori a Roma nel corso di tre anni. L'obiettivo del progetto è promuovere il benessere e prevenire il bullismo attraverso un approccio tra pari, dove gli studenti vengono formati come consulenti tra pari (peer counselors) per sostenere i propri compagni.
La prima fase del progetto coinvolge l'intero corpo studentesco e ha l’obiettivo di renderlo coeso e valorizzarlo come risorsa e fattore di protezione. Attraverso l’intervento e la guida dell’equipe psicologica le classi hanno lavorato sulla creazione di un senso di appartenenza, collaborazione, cooperazione e integrazione tra pari. Questo lavoro ha permesso la creazione di un clima positivo e di benessere, per limitare l’emarginazione o l’isolamento, fenomeni che possono provocare, oltre al malessere individuale con il conseguente scarso rendimento scolastico e possibili abbandoni scolastici, l’insorgenza del fenomeno del bullismo.
La seconda fase prevede l’identificazione, all’interno delle varie classi, di studenti motivati per diventare consulenti tra pari e fornisce loro una formazione per il potenziamento delle risorse personali, lo sviluppo dell’autoefficacia e delle competenze (empowerment) individuate insieme, comprese e condivise (life skills).Ne è seguito un lavoro di monitoraggio, sostegno e supervisione dei peer counselors.
La terza fase mira a consolidare il lavoro svolto e a sviluppare ulteriormente la funzione dei consulenti tra pari, integrandola in un programma educativo basato sulla promozione del benessere a scuola. I consulenti tra pari diventano educatori tra pari ed entrano in classe per sensibilizzare i loro compagni sui temi appresi.
È solo amore se amore sai dare. Quel fare amore che è azione, che si manifesta nella cura di se stessi e degli altri. Partecipando alla riffa ti prenderai cura delle persone che soffrono di disagio psichico, sostenendo i progetti di inclusione e la concreta battaglia contro lo stigma che la Fondazione porta avanti da più di vent’anni. Inoltre, parteciperai all’estrazione di premi di benessere scelti con cura per te:
L’estrazione dei biglietti vincitori si terrà durante La musica che tutto cambia il prossimo 14 febbraio: una serata di arte e solidarietà nella prestigiosa cornice del Conservatorio di Santa Cecilia (via dei Greci, 18 - Roma). Con l’ingresso alla serata di San Valentino è compreso un biglietto alla riffa.
I BIGLIETTI DELLA RIFFA
Per acquistare i biglietti della riffa scrivici su segreteria@fondazionediliegro.it, chiamaci allo 06 6792669 o passa in Fondazione in via Ostiense 106 - Roma
Per Eugenio Borgna i disturbi psichici sono propri della condizione dell’uomo e nessuno è escluso, “ciascuno di noi può andare incontro alla sofferenza psichica indipendentemente dall’età, dalla cultura e dalla condizione sociale”. Questo fa sì che si guardi alle persone che vivono una situazione di sofferenza psichica, sia da parte dei servizi che dei cittadini, con un atteggiamento di comprensione e di solidarietà. Serve però un cambio di passo nel campo della salute mentale verso una “psichiatria gentile” e una opinione pubblica meno estranea al tema.
Il bel libro di Eugenio Borgna, pubblicato da Giulio Einaudi Editore (2019), tratteggia l’excursus storico della psichiatria fino a intravvedere, o meglio ad auspicare, quella del futuro, alla luce della sua esperienza di psichiatra che ha attraversato buona parte del Novecento.
L’autore parte dalla prima rivoluzione della psichiatria che all’inizio del secolo scorso ispirandosi ad una corrente filosofica ha proposto come oggetto della psichiatria non il cervello con le sue disfunzioni, ma la soggettività, l’interiorità dei pazienti, ovvero la persona e non la malattia. E’ l’approccio “fenomenologico” che però non è riuscito a contrastare l’egemonia della psichiatria “somatologica”. Questa, alla stregua di una scienza naturale, con le sue leggi e i suoi determinismi fonda l’approccio bio-medico e l’oggettivizzazione del malato ridotto ai suoi sintomi e isolato in appositi contenitori, i manicomi, che hanno l’ambiguo mandato di garantire la “cura” della follia insieme al controllo sociale.
L’autore è partecipe-protagonista anche della seconda rivoluzione, quella etica immaginata da Basaglia (che ispira la legge 180/1978), che a partire dall’approccio fenomenologico rende possibile quello che sembrava impossibile, il superamento dell’istituzione totale del manicomio e la liberazione del paziente perché senza libertà non vi è possibilità di cura. La psichiatria diventa scienza sociale, scienza umana e la persona sofferente viene presa in carico in un articolato sistema di servizi sul territorio. Tuttavia ancora oggi, a oltre 40 anni di distanza, la legge 180 risulta in parte incompiuta o tradita secondo due indicatori: l’orientamento alla separatezza e alla contenzione nel modello dei reparti ospedalieri di diagnosi e cura (SPDC) che non sempre garantisce condizioni di degenza rispettose dei diritti umani dei pazienti, e lo stesso vale per tante strutture residenziali, più contenitive che curative; l’applicazione del vertiginoso aumento dei disturbi che affollano i manuali diagnostici (vedi DSM), in linea con la tendenza culturale ad escludere la soggettività dai comportamenti e con essa la ricerca di significati che li connotano. Da qui poi l’orientamento ad una somministrazione di psicofarmaci che limita o esclude psicoterapia e inclusione sociale.
E la psichiatria del futuro? E’ una “psichiatria gentile”, dal volto umano dell’operatore che sa accogliere ed entrare in risonanza emotiva con la persona sofferente per instaurare un dialogo aperto che chiede tempo e che parte dall’ascolto attivo e comprensivo dove le parole e il linguaggio del corpo sono importanti come i silenzi. La parola chiave qui è “immedesimazione” che esalta l’approccio psico-relazionale che viene prima di ogni altra prestazione, compresa quella farmacologica, complementare e mai sostitutiva. Per l’operatore della salute mentale si tratta di incontrare autenticamente la persona sofferente nella sua umanità, di entrare nella sua storia e di cogliere il senso che si nasconde nella sofferenza psichica, lasciandosi interpellare da emozioni e parole che ne rispecchiano l’interiorità. La relazione psicoterapeutica è così un incontro tra due interiorità, il dialogo scaturisce dal profondo, dalla ricerca di sé nell’altro e dell’altro in sé. Per Borgna “senza la ricerca di ciò che ci unisce, nonostante ogni differenza (…) non si riesce ad aiutare chi sta male, e nemmeno si riesce a salvaguardare la nostra interiorità che tende a inaridirsi e a spegnersi”. E ancora “la psichiatria tradisce la sua ragione di essere umana se non ci sono in noi mete ideali: come la gentilezza e la sensibilità, la intuizione e la grazia, la fantasia e l’immaginazione, la solidarietà e la speranza”. Per questo servono operatori con attitudini emozionali e culturali, con sensibilità aperte ad entrare in relazione con gli altri, e ad ascoltarne le voci sommesse e neglette del dolore.
In definitiva si ricava che nei servizi di salute mentale gli elementi essenziali per fondare un rapporto terapeutico sono: l’etica al servizio della professionalità, la relazione autentica con la persona e la comprensione della sua sofferenza.
Frase emblematica del libro è: “nel fare psichiatria non è possibile non integrare le conoscenze mediche generali con quelle che sono le conoscenze interiori: la conoscenza di se stessi, certo, ma anche quella delle emozioni e della interiorità, delle attese e delle speranze, delle nostre e delle persone che chiedano un aiuto, che non è mai solo di medicine, ma di parole e di silenzi, che aprano il cuore alla fiducia e alla speranza”.
Renato Frisanco, Fondazione Luigi Di Liegro
Il convegno, riflettendo sul tema della Salute mentale in età giovanile, si propone di mettere a fuoco e analizzare il complesso mondo delle dipendenze e la loro relazione con il disagio psichico.
La letteratura internazionale evidenzia che circa il 75% di tutti i disturbi mentali insorge prima dei 24 anni. In particolare l’OMS rivela che un adolescente su 5 oggi soffre di qualche disturbo mentale e tale tendenza è in crescita anche per gli anni a venire.
L’adolescenza e la prima giovinezza rappresentano la fase della vita nella quale viene generalmente collocato l’esordio o il primo episodio della maggior parte dei disturbi psichici.
Ai problemi tipici di questa fase di passaggio del ciclo evolutivo, che comporta una profonda trasformazione a livello biologico e neurobiologico, si aggiungono nella nostra società potenziali fattori di rischio connessi alle rapide trasformazioni tecnologiche e ai loro riflessi culturali e sociali, sia nelle comunità locali, sia a livello globale.
In particolar modo, il tema delle dipendenze da sostanze e dipendenze comportamentali patologiche nella loro complessità moderna, rappresentano oggi un’emergenza sociale che ci impone di informare e formare le famiglie, gli operatori sociosanitari, gli educatori, la cittadinanza tutta, soprattutto nella prospettiva della prevenzione del disagio.
I temi della prevenzione e della promozione della salute mentale costituiscono gli obiettivi centrali del gruppo di lavoro integrato nell’ambito di questo convegno, che viene organizzato con la collaborazione della Fondation d’Harcourt, dell’Associazione Osservatorio sulle dipendenze (ODDPSS), della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) e le Facoltà di Scienze Sociali e di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana.
Il convegno rappresenta, quindi, un’importante opportunità per approfondire il tema della salute mentale in adolescenza, evidenziando alcune tra le problematiche oggi più diffuse tra i giovani. Inoltre, si propone di creare uno spazio di confronto utile a un ripensamento e a una riorganizzazione delle metodologie di intervento nella gestione del fenomeno che tenga conto dei diversi attori coinvolti e della sua complessità sociale e culturale, oltre che clinica.
La partecipazione al convegno è gratuita.
Per iscriversi:
Oppure
E.C.M. e Crediti formativi - Su richiesta, verrà rilasciato un attestato di frequenza. L’evento è accreditato da Duerre congressi SRL provider n.522 per n. 7 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie (contributo volontario € 50). 7 crediti formativi per Assistenti Sociali (contributo volontario € 20). L'evento è, inoltre, accreditato dall'Ordine dei Giornalisti per n. 7 crediti (CFP).
La Fondazione ha predisposto una sintesi della Conferenza Nazionale per la Salute Mentale che si è svolta lo scorso 14-15 giugno presso la Facoltà di Economia dell'Università La Sapienza di Roma. L'evento nazionale è stato preparato da un percorso attraverso l'Italia delle Conferenze Regionali e da altri incontri locali; l'appello richiama a tre parole chiave che ne coagulano il significato: diritti, libertà, servizi.
Il testo ripercorre i contributi forniti dai vari relatori intervenuti, dà conto dei lavori maturati nelle sei sessioni tematiche e si chiude con il catalogo delle richieste-proposte emerse dalla Conferenza e rivolte alle istituzioni.
Scarica la relazione sulla Conferenza Nazionale per la Salute Mentale a cura di Renato Frisanco.
Sono Lisa, ho 67 anni. Mi sentivo molto sola dopo la morte del mio dottore e la chiusura del Centro Diurno dove avevo degli amici che mi capivano. Sono arrivata in Fondazione 5 anni fa, la mia famiglia mi diceva che avrei trovato una nuovi amici e che avrei recitato con loro nel laboratorio di teatro!
Mia sorella Maria era sempre con me, anche quando facevamo le prove. A volte mi capita di ritrovarmi in posti che non ricordo e di non capire dove sono.
Oggi Maria non viene più. Mi accompagna una volontaria della Fondazione ma rimane fuori ad aspettarmi. Voglio bene ai miei nuovi amici attori e mi fido di loro.
“Dicono: c’è uno psicologo. Ma io non sono matta, che vado dallo psicologo. Tu mi devi dire: vieni, io ti ascolto. Se vuoi pubblicizzarlo devi dire: c’è un posto dove ti ascoltiamo. È molto diverso, perché una persona vuole essere ascoltata, non curata”.
Aurora racconta così l’esperienza di “peer education” che conduce da un paio d’anni insieme agli altri studenti di due licei romani, il Seneca e il Dante. È un progetto nato dalla collaborazione tra il dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1, la Fondazione Di Liegro e la Fondation d’Harcourt.
La “peer education” è una strategia di prevenzione e promozione della salute che si sta diffondendo in vari paesi. Studenti, docenti e psicologi lavorano insieme con l’obiettivo di aiutare i ragazzi a trovare un benessere psico-fisico e relazionale, fatto di autostima, fiducia, amicizia, senso di sicurezza. Quello che cercano, spesso senza averne una chiara cognizione, ma faticano a trovare nel gruppo, nella classe, nella scuola. Vincere il malessere che si vive nell’adolescenza è più facile se ad aiutarti sono tuoi coetanei, opportunamente formati. Ragazzi che condividono le tue esperienze. Diventano un po’ i tuoi tutor e ti avviano verso un percorso di sostegno psicologico.
Ogni settimana a scuola è aperto uno sportello di ascolto, con uno psicologo esperto di età evolutiva. Per prenotare un incontro c’è un foglio bianco su cui i ragazzi possono mettere anche un nickname, oppure solo un segno. Perché, spiega Sofia, ci si vergogna a chiedere un aiuto psicologico, davanti agli amici e anche in famiglia.
Per gli psicologi e i docenti il bilancio di questi due anni è decisamente positivo. I ragazzi che hanno partecipato al progetto sono cresciuti, maturati. Sono diventati molto più consapevoli su tematiche che li coinvolgono, come la cannabis, il fumo, l’alcool, il bullismo. Anche i loro comportamenti si sono modificati; sono più autonomi, più liberi, meno influenzabili da stimoli negativi che possono derivare dal gruppo dei coetanei.
Tutti concordano che è un’esperienza da proseguire e allargare ai genitori.
Questa è la storia di Linda. Nostra figlia ha 20 anni, è nata in Colombia e l’abbiamo adottata quando aveva 9 anni. Da bambina in famiglia i rapporti sono stati molto affettuosi, ma ben presto sono emerse difficoltà relazionali con i suoi pari. Si è sempre sentita “non accettata” e “rifiutata” dai compagni. Era molto esuberante e sembrava socievole, ma in realtà in sé covava tanta rabbia e senso di ribellione che sono esplosi con la crescita e l’adolescenza.
Partecipando al corso per volontari e familiari, siamo entrati in contatto umano con persone che, come nostra figlia, vivono un disagio mentale.
La famiglia di Linda
L’abbiamo aiutata con un supporto psicologico, poi anche con farmaci che la stabilizzassero nell’umore. Diventava però sempre più insofferente alle regole, astiosa verso la famiglia e i genitori, gli insegnanti, i compagni, il mondo. Ha lasciato la scuola al 3° anno del liceo e, a diciotto anni, ha deciso di “voltare pagina” e rifiutare tutto ciò che era stata. E’ rimasta fuori casa per mesi, ha frequentato ambienti degradati, alla ricerca di un qualcosa che desse un senso alla sua vita e alla sua infelicità.
Da quando ha “abbandonato” famiglia, scuola, supporto psicologico e medicine, non si è più impegnata in alcun tipo di progetto (studio, lavoro, hobby). La sua incostanza e variabilità d’umore le ha impedito di costruire alcunché. Da un anno circa frequenta un ragazzo con i suoi stessi problemi. Con lui ha creato un rapporto simbiotico. Stanno sempre insieme, senza fare nulla, senza amicizie, spesso in depressione. Questa stabilità affettiva però la contiene nei comportamenti e negli atteggiamenti più negativi.
La storia di Linda prosegue quando siamo venuti a conoscenza della Fondazione Di Liegro nell’autunno del 2017 attraverso un annuncio sulla free press cittadina. Negli anni precedenti avevamo avuto diversi contatti con i terapisti di nostra figlia e avevamo anche vissuto il percorso della terapia familiare, ma il dolore e l’ansia non ci facevano comprendere nel profondo la situazione reale. Nel 2016 nostra figlia ci era “scappata di mano” ed eravamo persi.
Abbiamo cominciato a seguire il corso per volontari e familiari di persone con disagi mentali, organizzato dalla Fondazione. Le spiegazioni di professionisti, psicologi e psichiatri, l’ascolto e il confronto con gli altri familiari ci hanno aperto una finestra su un mondo con cui eravamo stati a contatto, ma che non avevamo capito veramente. Concetti, parole-chiave, suggerimenti ricevuti in passato hanno acquisito per noi un diverso significato razionale ed emotivo, grazie alla Fondazione Di Liegro, Abbiamo guardato nostra figlia con occhi nuovi, con meno rabbia per tutto il dolore vissuto a causa sua. E’ stato un cambiamento lento che ci ha riavvicinato a lei.
La Fondazione Di Liegro ci ha permesso di frequentare un gruppo di auto-mutuo aiuto, ci ha fatto conoscere la terapia multi-familiare e ci ha dato anche l’opportunità di fare volontariato. Siamo entrati così in contatto umano con persone che, come nostra figlia, vivono un disagio mentale. Insieme a loro, nei laboratori della Fondazione, svolgiamo attività semplici ma significative come il canto, il disegno, il teatro o il cucito. Impariamo a conoscerli e a conoscerci meglio. Condividiamo il loro dolore e i loro desideri.
Negli ultimi mesi la storia di Linda si è evoluta: è riuscita a fare, di tanto in tanto, qualche piccolo lavoretto. Ora la sfida è quella dell’autonomia. Le abbiamo dato l’opportunità di vivere con il suo ragazzo per imparare a gestire una casa e il vivere quotidiano. La nostra speranza è che, crescendo, possa migliorare, avere delle motivazioni di vita e ritrovare un po’ di serenità.
Dal 9 al 13 luglio i partner del progetto "Erasmus+ Hero Housing: an educational european Road to civil rights" si incontrano a Liverpool per mettere a punto gli strumenti per la formazione dell'housing nelle comunità locali.
L'obiettivo è diffondere la cultura del sostegno all'abitare di persone con disagio psichico.
La casa e l'esperienza di vita autonoma sono diritti inalienabili per realizzare i quali è indispensabile la collaborazione del territorio. Migliorare i servizi di housing attraverso percorsi formativi vuol dire anche occuparsi di aspetti etici, culturali, di sostenibilità economica.
Bisogna costruire un curriculum europeo per aiutare le comunità allo sviluppo di abilità e competenze in questo campo. I partner del progetto hanno realizzato proposte di manuali di formazione che a Liverpool saranno esaminati ed elaborati. Il passo successivo sarà l'avvio della sperimentazione (piloting).
La Fondazione Di Liegro, il partner italiano del progetto HERO, nella sua recentissima ricerca "Reti di cura e disagio psichico. Utenti, famiglie e servizi di salute mentale a Roma" ha rilevato come il tema dell'abitare sia un importante elemento per proiettarsi nel futuro. Sono stati intervistati, tra gli altri, anche utenti che attualmente si trovano nelle case famiglia e gruppi appartamento o appartamenti supportati. "Alla domanda che intendeva raccogliere la loro aspirazione per una desiderata collocazione futura l'opinione prevalente è risultata quella di voler "andare a vivere in un appartamento tutto mio" (53%) o tutt'al più con altre persone (17,6%). Solo il 3% vorrebbe in futuro tornare in famiglia. e evidente che un percorso di recupero ad una vita normale ed inclusiva, pur con i sintomi della malattia, passa attraverso un progetto di autonomia abitativa condivisa o meno con altri".
Per maggiori informazioni visita il sito: www.housing-project.eu.