Sono numeri drammatici quelli emersi la scorsa settimana nel corso del XXII congresso nazionale della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia. È stato infatti stimato che nei prossimi mesi possano emergere fino a un milione di nuovi casi di disagio mentale, a causa della pandemia.
Un’onda che colpisce sia chi ha avuto esperienza diretta con il COVID-19, sia chi vive le conseguenze delle misure di contenimento del contagio. L'incidenza di sintomi depressivi in chi è venuto a contatto col virus fa registrare una probabilità fino al 32% più elevata (10% per chi ha subito un lutto a causa della pandemia), tanto che si stima nei prossimi mesi possano emergere fino a 800 mila nuovi casi di depressione.
A questi si potrebbero aggiungere 150mila i nuovi casi di depressione causati dalla disoccupazione. Il rischio raddoppia infatti in chi ha un reddito inferiore ai 15mila euro all'anno e triplica in chi è disoccupato.
Il disagio si manifesta con ansia o insonnia, disturbo post-traumatico da stress (per chi è stato contagiato) e disordine ossessivo-compulsivo. Le categorie più a rischio sono le donne (più predisposte alla depressione e più toccate dalle ripercussioni sociali e lavorative), i giovani (che hanno visto modificarsi la loro vita di relazione e patiscono gli effetti della crisi sull'occupazione) e gli anziani (più fragili di fronte ai contagi e disturbi mentali).
Ecco perché si parla ormai di sindemia, cioè la presenza e le conseguenze sulla salute di una interazione fra malattia e fattori sociali, ambientali o economici. Nel contesto del COVID-19, le condizioni di fragilità sanitaria, emotiva, sociale non sommano, ma moltiplicano esponenzialmente le loro conseguenze negative sul benessere psicofisico della popolazione.
Anche in durante il lockdown e le misure per il contenimento del virus, la Fondazione Di Liegro ha sempre mantenuto attivo il SOSS-Servizio di Orientamento e Supporto Sociale. Chiamando lo 06 6792669 o scrivendo a supportosociale@fondazionediliegro.it, le persone che vivono l’esperienza del disagio psichico e i loro familiari possono ottenere ascolto e informazioni sull’accesso ai servizi di salute mentale e alle risorse presenti sul territorio di Roma.
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Il XIV corso di formazione della Fondazione Di Liegro "Dall’isolamento alla resilienza" si è concluso con un’ampia panoramica condotta dal dottor Michele Di Nunzio, psichiatra psicoterapeuta e criminologo, sul tema "Il ruolo del volontariato: riflessioni, metodologie, esperienze". Un racconto in prima persona, da un operatore che considera il volontariato un contributo “di fondamentale importanza” nel campo della salute mentale.
Punto di partenza: nell’esperienza del volontario fare del bene agli altri è un effetto secondario, successivo all’azione prioritaria che è quella di fare del bene a se stessi. Io sto facendo qualcosa che, facendomi sentire meglio, accrescendo la qualità della mia vita, mi metterà in condizione di produrre relazioni propositive, costruttive, funzionali anche per l’altro.
La mia serenità è fondamentale. Nei momenti di malumore mi è utile il ricordo, il collegamento con le ragioni che mi hanno condotto a questa scelta.
Il volontario, come chiunque operi in un settore ad alto impatto emotivo come il volontariato e sia per questo molto esposto al logoramento, deve mettere in conto la necessità di fare costantemente la "manutenzione di se stesso", che significa tornare a capire "quello che faccio e perché lo faccio".
Questa azione di consapevolezza ha un nome: meta-cognizione. Si può sviluppare con qualche suggerimento: tenere un diario, leggere molto, ascoltare molto, accogliere ogni occasione ludico-ricreativa che includa una componente emotiva, conoscitiva, razionale, intellettuale. In questo, cinema e teatro sono preziosi.
Può capitare spesso che un volontario della salute mentale incontri persone scontrose, diffidenti, addirittura ostili. L’altro che ci tratta male è qualcuno che ci percepisce come più potente, ha paura di noi e pertanto si difende. Le chiavi per risolvere questo tipo di situazione sono l’umiltà, l’ascolto, la comprensione, l’umana curiosità. Chiavi che sono preziose anche quando l’altro che incontriamo ha scelto di non vivere, di chiudersi in se stesso, come risposta alle paure non risolte che nella stragrande maggioranza dei casi sono all’origine del disagio psichico.
La persona di cui il volontario si prende cura ha necessariamente una ‘diagnosi’, che però non la descrive nella sua interezza. Bisognerà farsi raccontare la sua vita, prima dagli operatori poi da lei stessa, quando vorrà, se vorrà, come vorrà.
Uno dei cimenti maggiori nei quali il volontario può applicarsi è mediare tra le antiche paure tuttora cogenti e la bontà del mondo, che pure esiste. Saranno le piccole cose che rappresentano per tutti il tessuto della vita, alle quali diamo poca importanza ma che riempiono gran parte del nostro tempo, a favorire la riapertura al mondo.
Il volontario è quindi 'ingenuo', fa domande, svela cose che gli operatori nella loro routine hanno perso di vista. La sua ‘sprovvedutezza’ come d’altra parte la diversità del suo bagaglio lavorativo e professionale sono contributi importanti per il settore della salute mentale.
E infine c’è la ‘valorialità’, perché i valori, gli ideali qualificano enormemente la nostra esistenza. Ed è difficile che il volontario sia arrivato a questa scelta senza aver avuto una formazione valoriale.
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“La resilienza come strumento di salute mentale” è il titolo del quarto appuntamento del corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la salute mentale", relatore lo psichiatra José Mannu.
La "resilienza" non è un termine che nasce in ambito psichiatrico - ha spiegato Mannu nel corso del suo recente intervento al Màt Modena, Settimana della Salute Mentale - ma proviene dall’ingegneria, e indica la capacità di un materiale di assorbire energia elasticamente, quando sottoposto a un carico o a un urto, prima di giungere a rottura.
Per comprendere l’utilizzo della parola resilienza nell’ambito della salute mentale, è opportuno ripercorrere la storia della psichiatria. Nel ‘700 Philippe Pinel suggerisce che i folli siano considerati persone e che la follia sia solo follia parziale. Il folle ha dunque una parte sana, che deve essere liberata dalla malattia, attraverso il “trattamento morale”. Cioè sviluppare la parte sana attraverso l’educazione, la persuasione e la disciplina dell’individuo. Nascono così i manicomi.
Durante la seconda Guerra Mondiale, Wilfred Bion suggerisce di allearsi con la parte sana per combattere insieme quella malata. Questa alleanza avviene nella comunità, un luogo dove la follia potesse esprimersi liberamente, e non come in manicomio.
Con l'esperimento di comunità realizzato a Gorizia, negli anni ’60 Franco Basaglia sostiene che l'esistenza stessa di un luogo in cui la follia possa esprimersi causa una cronicizzazione della malattia. Per questo, secondo Basaglia, la cura non può avvenire in un luogo, ma nel territorio dove una persona vive. Si tratta di un cambiamento culturale nella psichiatria, una vera rivoluzione.
All’alba degli anni 2000, la Teoria della Capacità impone una nuova visione della “parte sana”, che si esprime attraverso la capacità e il funzionamento della persona. Il benessere individuale nasce dalla relazione. Diventa dunque necessario vedere dove le persone sono in grado di agire, dove “funzionano”, cioè la reale opportunità di intraprendere un'attività e la reale voglia di essere ciò che si vuole essere.
Tornando alla resilienza, possiamo dire che questa esplora i modi in cui gestire una natura (o un tessuto economico/sociale) che non è in equilibrio. Secondo la definizione di Michael Ungar, “Più che un set di caratteristiche individuali, sono le strutture intorno alla persona, i servizi che la persona riceve, il modo in cui è strutturata la sanità, tutti questi si combinano con le caratteristiche della persona che permettono di far fronte alle avversità che affrontano e trovare strade verso la resilienza”.
Prima di analizzare le relazioni sociali, è bene occuparsi del nuovo paradigma. Ma come va costruito questo “nuovo”? È la domanda da cui partirà il filosofo Pierangelo Di Vittorio, nel terzo appuntamento del corso di formazione “Volontari e famiglie in rete per la salute mentale”, in programma sabato 24 ottobre, presso la Fondazione Di Liegro.
La risposta – secondo Di Vittorio - è nel mettere insieme pezzi di passato, nella forma di archivi culturali, e pezzi di presente, cioè diagnosi sui problemi e le tensioni che attraversano l’attualità. Una specie di mosaico, formato da tasselli su cui Di Vittorio lavora da tempo, raccolti a partire dalla questione delle relazioni sociali.
Ed è come in un mosaico che si comporranno i temi dell’incontro, tra il filosofo Walter Benjamin e il presente che ha “il potere delle chiavi sulle stanze del passato” e lo scrittore e filosofo Michel Foucault, che si è occupato della pazzia sin dalla sua tesi di dottorato “Storia della follia nell’età classica” e proprio sulla follia ci ha invitato a interrogarci, perché “dall’uomo al vero uomo, la strada passa per l’uomo pazzo”.
Durante l’incontro si parlerà inevitabilmente di Franco Basaglia (con cui Pierangelo Di Vittorio venne indirettamente in contatto quando dopo la laurea svolse il servizio civile presso il Dipartimento di salute mentale di Trieste) e della sua decisione di intraprendere la strada dell’invenzione e della cura del legame sociale. Si legga a tal proposito la monografia "Franco Basaglia", scritta con Mario Colucci, uscita nel 2001 e recentemente riedita.
“Iniziata nel segno di un amore per il sapere, nel segno della filosofia, l’esperienza di Basaglia si è sviluppata come un rapporto d’amore nei confronti dei pazienti, per realizzarsi infine nella costruzione di un altro modo di vivere insieme. Un vivere comune più giusto e fecondo – ha scritto Di Vittorio sulla rivista “Aut Aut” nel 2017 – di cui la società italiana e il mondo intero portano ancora la responsabilità e l’attiva speranza”.
Il 21 settembre a Modena, nell’ambito del Màt, Settimana della Salute Mentale, la Fondazione Di Liegro organizza il seminario dal titolo “Empatia e resilienza in Salute Mentale”, relatore lo psichiatra José Mannu.
Nel corso del seminario verrà presentato il progetto “Volontari e Famiglie in rete per la salute mentale” della Fondazione Di Liegro, un insieme di attività che intendono realizzare e sviluppare una rete di supporto per le persone con disagio psichico e i loro familiari, allo scopo di favorirne l’inserimento sociale, permetterne l’attuazione di un percorso di recovery e diffondere una maggiore conoscenza e consapevolezza circa le modalità di affrontare il disagio psichico.
Il Màt-Settimana della Salute Mentale è la manifestazione promossa dal Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche dell’AUSL di Modena. Sette giorni di dibattiti, conferenze, eventi artistici e culturali aperti a tutta la cittadinanza, dislocati in diverse aree di Modena e provincia, con l’obiettivo di sensibilizzare il territorio sui temi della salute mentale e implementare la lotta al pregiudizio e allo stigma che gravano su chi soffre di disagio psichico.
Il seminario “Empatia e resilienza in Salute Mentale” sarà trasmesso in diretta streaming sul sito del Màt e sui canali Facebook e YouTube della manifestazione, a partire dalle 15 di mercoledì 21 ottobre.
La ricorrenza del 10 ottobre, Giornata mondiale della salute mentale, cade in un periodo in cui la nostra vita quotidiana è stata notevolmente modificata dalla pandemia.
Gli ultimi mesi hanno sottoposto a grande pressione:
E con la risalita dei contagi, l'incertezza sul futuro rischia di fiaccare la ripresa emotiva dopo l'allentamento delle misure di distanziamento sociale.
L’esperienza di altre emergenze umanitarie ci dice che la necessità di un supporto psicosociale aumenterà sostanzialmente nei prossimi mesi e anni. L'investimento a livello nazionale e internazionale in programmi di salute mentale (che hanno già sofferto per anni di sotto-finanziamento cronico ) è ora più importante che mai.
Ecco perché l'obiettivo della campagna per la Giornata mondiale della salute mentale 2020 è aumentare gli investimenti nella salute mentale.
Si tratta infatti di uno degli ambiti di sanità pubblica più trascurati. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, quasi 1 miliardo di persone convive con un disturbo mentale, 3 milioni di persone muoiono ogni anno per il consumo dannoso di alcol e una persona muore ogni 40 secondi per suicidio. Nei paesi a basso e medio reddito, oltre il 75% delle persone con disturbi mentali, neurologici e da uso di sostanze non riceve alcun trattamento, mentre stigma e discriminazione sono ancora diffusi. Tutto questo, prima della pandemia.
L’Oms evidenzia come i Paesi spendano in media solo il 2% dei loro budget sanitari per la salute mentale. In Italia, ad esempio, il dato è pari al 3,2 %, inferiore alla media europea che si pone poco al di sopra del 4%. Per comprendere l’importanza di maggiori investimenti in questo ambito, l’Organizzazione mondiale della sanità, ricorda che per ogni dollaro investito in un trattamento su larga scala per disturbi mentali comuni, come depressione e ansia, c'è un ritorno di 5 dollari in miglioramento della salute e della produttività.
"La Giornata mondiale della salute mentale è un'opportunità per il mondo di riunirsi e iniziare a porre rimedio alla storica negligenza verso la salute mentale – ha affermato presentando l’iniziativa il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus – Se non prendiamo impegni seri per aumentare gli investimenti ora, le conseguenze cliniche, sociali ed economiche saranno di vasta portata".
Il 3 ottobre, prende il via la XIV edizione del corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la salute mentale", Il tema di quest'anno è "Dall’isolamento alla resilienza. Il ruolo del volontariato". Da quindici anni, formazione del volontariato e orientamento in tema di salute mentale sono infatti la principale vocazione della Fondazione Don Luigi Di Liegro.
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La pandemia ha scosso le fondamenta della nostra quotidianità: emergenza sanitaria, crisi economica e problemi sociali hanno determinato e acuito tensioni delle quali non conosciamo gli sviluppi futuri. La resilienza è divenuta così una capacità indispensabile di adattamento per garantire la qualità della vita e tutelare la salute mentale messa a dura prova da questi ultimi avvenimenti.
Trai i “gruppi” in difficoltà e dei quali si parla poco vi è quello del volontariato. La crisi pandemica ha portato alla chiusura di diverse organizzazioni del Terzo settore e l’interruzione della loro attività rischia di privare la comunità dei servizi sinora offerti. Eppure, quanto mai oggi è indispensabile il contributo dei volontari che incarnano e testimoniano nella realtà delle loro azioni un valore irrinunciabile: il dono.
Una società priva della cultura del dare è destinata ad ignorare il valore dell’uomo che trova invece esaltazione nella pratica civile dello spirito del volontariato. Fare volontariato è uno degli strumenti nobili a disposizione soprattutto dei giovani per contribuire alla costruzione di una società civile. Imparare a darsi agli altri consentirà a chi domani sarà un medico, un operaio, un avvocato di vivere le proprie esperienze con uno spirito diverso più solidale. Questo il valore di un dono ed è questa ricchezza che motiva i volontari a fare anche sacrifici con animo leggero.
Le lezioni del corso "Dall’isolamento alla resilienza. Il ruolo del volontariato" si terranno il sabato, dalle 10.30 alle 12.30, presso la sede della Fondazione Di Liegro, in via Ostiense 106, a Roma (fermata Metro B Garbatella).
Sarà possibile partecipare sia in presenza, fino a esaurimento dei posti, che su piattaforma digitale.
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PRIMO INCONTRO – 3 OTTOBRE 2020
VOLONTARIATO E COMUNITÀ: RIPARTIRE DALLA CRISI
Luigina Di Liegro, Segretario Generale Fondazione Di Liegro
Andrea Volterrani, Sociologo, ricercatore e docente all’Università di Roma Tor Vergata
SECONDO INCONTRO – 17 OTTOBRE 2020
TU COME STAI? DISTANZIAMENTO, ISOLAMENTO E SOLITUDINE
Massimiliano Aragona, psichiatra e filosofo
TERZO INCONTRO – 24 OTTOBRE 2020
LE RELAZIONI SOCIALI, UN NUOVO PARADIGMA
Pierangelo Di Vittorio, filosofo e scrittore
QUARTO INCONTRO – 7 NOVEMBRE 2020
LA RESILIENZA COME STRUMENTO DI SALUTE MENTALE
Josè Mannu, psichiatra
QUINTO INCONTRO – 21 NOVEMBRE 2020
STRESS E TRAUMA, RINASCERE DAL DISAGIO
Silvia Pepe, psicologa e psicoterapeuta presso Istituto di Psicoterapia Relazionale
SESTO INCONTRO - 28 NOVEMBRE 2020
DIPENDENZE E STILI DI VITA DURANTE LA PANDEMIA
Giuseppe Ducci, Direttore DSM ASL Roma1
Alessandro Vento, psichiatra, CSM ASL Roma2
SETTIMO INCONTRO – 5 DICEMBE 2020
IL RUOLO DEL VOLONTARIO. RIFLESSIONI, METODOLOGIE, ESPERIENZE
Michele Di Nunzio, psichiatra UOC SPDC San Filippo Neri
La quota di partecipazione al corso è di 35 €, per gli studenti universitari 20 €.
Il pagamento avviene sotto forma di donazione alla Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro ed è quindi detraibile dalla dichiarazione dei redditi. È possibile effettuare il pagamento tramite:
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Dipendenze da sostanze e dipendenze comportamentali patologiche nei giovani rappresentano un’emergenza sociale. La diffusione e il consumo di droghe sempre nuove, ma anche l’abuso di internet o della televisione, il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo o alcuni disturbi del comportamento alimentare (solo per fare alcuni esempi) richiedono azioni di informazione e formazione per famiglie, operatori sociosanitari, educatori e cittadinanza, in grado di prevenire il disagio.
Da anni la Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro Onlus è impegnata nel campo della salute mentale e collabora con i Servizi sanitari e sociali di Roma e del Lazio per promuovere percorsi di recovery e inclusione sociale per le persone con disagio psichico e le loro famiglie. Questo impegno si è focalizzato nel tempo sul disagio giovanile, con corsi di formazione tematici, progetti di alfabetizzazione emotiva, percorsi di peer education nelle scuole, attività di ricerca.
La Fondazione Di Liegro e l’Associazione Osservatorio sulle dipendenze hanno firmato un protocollo d'intesa finalizzato al potenziamento delle loro attività, che si svolgeranno presso la sede della Fondazione.
La collaborazione prevede azioni di informazione e di promozione della salute mentale mediante progetti di formazione; iniziative culturali e di socializzazione, organizzazione di mostre, seminari, convegni, proiezioni, dibattiti e corsi; attività di ricerca e raccolta dati riguardanti l’uso/abuso di sostanze e i comportamenti di dipendenza, al fine di pubblicazioni scientifiche divulgative sull’argomento.
“L’interazione con la Fondazione Di Liegro – ha spiegato il presidente dell’Osservatorio sulle dipendenze, Alessandro E. Vento – ci aiuta a consolidare la rete dei rapporti istituzionali. Abbiamo firmato l’intesa anche per l’autorevolezza e la serietà dei contenuti portati avanti dalla Fondazione e le loro importanti iniziative aperte a utenti dei servizi di salute mentale, ai loro familiari e alle persone della società civile”.
“La salute mentale nella fascia d’età giovanile, momento cruciale dello sviluppo e per l’insorgere di eventuali difficoltà nello sviluppo emotivo, è un tema di grande rilevanza – ha commentato Luigina Di Liegro, segretario generale della Fondazione – E rende necessario agire in termini di informazione, protezione e prevenzione del disagio. Per questo, contribuiamo con determinazione al perfezionamento del NPS Finder ideato dall’Osservatorio sulle dipendenze.
"Creare una comunità di cittadini". L’intervento telefonico di Luigina Di Liegro a “L’Italia in diretta”, su Radio 1, ha rappresentato l’occasione per fare il punto sulle attività della Fondazione Di Liegro nel campo del disagio psichico. Attività che non si sono mai fermate, neanche nei mesi del lockdown, rivelandosi ancora più importanti in un momento di isolamento fisico e sociale
È restato operativo ogni giorno il SOSS, Servizio di Orientamento e Supporto Sociale, che offre ascolto ai familiari di persone con disagio psichico, attraverso mail, telefono e di persona (con appuntamento). Il servizio sostiene e cerca soluzioni alle problematiche esistenti indicando e indirizzando verso i presidi socio sanitari pubblici con i quali la Fondazione collabora strettamente fin dalla sua nascita.
Spesso, il disagio psichico viene rimosso o affrontato quando è ormai cronico. Invece, ha spiegato Luigina Di Liegro, è importante aiutare le famiglie a individuare il problema prima che sia troppo tardi e ricorrere ai servizi esistenti ed attivi sul territorio.
La Fondazione in questi anni ha lavorato per creare una comunità di cittadini che, grazie anche ai suoi corsi di formazione per volontari, imparano a conoscere e affrontare il disagio mentale, creando una relazione con la persona che vive questa realtà. Della rete di sostegno sono parte importante anche i laboratori di arte terapia e gruppi di auto-aiuto.
Il segretario generale ha poi ricordato l’opera di don Luigi Di Liegro, suo zio, nel portare avanti i valori della solidarietà, animati dalla speranza e dalla fede che in lui era profondissima, ma che lui non chiedeva agli altri di avere. Il lavoro di don Luigi, fondatore tra l’altro della Caritas di Roma, rimane fondamentale nel sostegno ai poveri e agli emarginati della Capitale e ha lasciato un’eredità indelebile nel mondo del volontariato locale.
Ascolta l'intervista a Luigina Di Liegro
Il progetto poneva le sue basi sulla convinzione che una società più accogliente e inclusiva risponde, con maggiore efficacia, alle molteplici criticità derivanti dal disagio psichico. Il lavoro, in questo senso rappresenta un tassello fondamentale nella vita di ciascuno e una tappa essenziale verso la costruzione di una vita autonoma e più appagante.
Le persone coinvolte, nei due anni di vita del progetto, sono state inserite in percorsi modulari che prevedevano diverse azioni tra cui: orientamento e valutazione delle competenze; interventi di empowerment, autopromozione, inclusione sociale; accompagnamento, tutoraggio ed esplorazione delle opportunità formative e lavorative; sostegno psicologico; sostegno e consulenza familiare.
Per ogni persona presa in carico è stato elaborato un progetto individuale partendo dalle competenze e risorse di ciascuno. Il confronto e il dialogo all’interno di laboratori professionalizzanti ed espressivi è stato uno degli elementi di forza del progetto.
Oltre il 60% dei partecipanti hanno partecipato a tirocini formativi, che in alcuni casi sono stati trasformati in veri e propri contratti di assunzione.
Dall’esperienza del progetto “Mettersi in moto” sono nate nel tempo diverse iniziative sull’inclusione lavorativa, anche grazie alle azioni di informazione e sensibilizzazione al mondo pubblico e privato sul disagio psichico.