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Gli effetti del Covid sui bambini e ragazzi, tra distanziamento sociale, perdita di routine, ansia e incertezza legata alla malattia, fino alla paura dei genitori e alle difficoltà generate dalla didattica a distanza hanno reso necessario intervenire sulla sfera emotiva e sociale degli studenti, specialmente su quelli delle classi di Terza Media, che hanno iniziato la scuola secondaria poco prima dell'inizio della pandemia.

Il progetto si basa sull'approccio dell'educazione tra pari, una strategia efficace di prevenzione e promozione della salute mentale. Coinvolgendo studenti, insegnanti e psicologi, l'obiettivo è migliorare il benessere psicofisico e relazionale dei bambini, potenziando autostima, fiducia e senso di sicurezza. L'educazione tra pari, che prevede la trasmissione orizzontale di conoscenze all'interno di un gruppo, favorisce poi lo scambio tra compagni di classe, offrendo supporto tra coetanei.

Ogni classe sviluppa un percorso durante 10 incontri di gruppo della durata di 2 ore ciascuno, programmati a distanza di 2 settimane l'uno dall'altro.

L'attenzione è posta sullo sviluppo di competenze emotive e sociali come la conoscenza e la regolazione delle emozioni, la capacità di assumere il punto di vista dell’altro, l’empatia, l’auto-efficacia, la comunicazione assertiva, che sono alla base di rapporti inter-personali funzionali e inclusivi.

L'approccio pratico, con attività come il role-playing, focus-group e l'utilizzo di tecniche di mindfulness, è integrato con la riflessione cognitiva per favorire la coesione di gruppo e il benessere psicosociale.

Grazie al positivo clima relazionale costruito, i ragazzi affrontano tematiche quali l’accettazione corporea, l’orientamento sessuale, la condivisione di alcune esperienze di vita complesse, la difficile comunicazione con il mondo degli adulti e il giudizio percepito, l’autostima e la valorizzazione di sé.

I disturbi di salute mentale possono esporre a un maggior rischio di infezione breakthrough di Covid-19, cioè quelle infezioni che avvengono in chi si è già vaccinato o ha avuto già la malattia in passato. Lo sostiene una ricerca coordinata
dall'Università di San Francisco e pubblicata su Jama Network Open.

Lo studio, condotto su 263.697 persone con un'età media di 66 anni, ha mostrato che il rischio di infezione tra le persone sotto il 65 anni con abuso di sostanze, disturbi psicotici, disturbo bipolare, disturbo dell'adattamento e ansia era fino all'11% più alto che nelle persone senza problemi di salute mentale. Il rischio saliva fino al +24% tra le persone con più di 65 anni di età.

Per i ricercatori il maggiore rischio di infezioni tra le persone con disturbi psichiatrici non può essere interamente spiegato da fattori socio-demografici o condizioni preesistenti. "È possibile che l'immunità dopo la vaccinazione diminuisca più rapidamente per le persone con disturbi psichiatrici o potrebbero avere una protezione minore rispetto alle nuove varianti", afferma Aoife O'Donovan, una fra gli autori dello studio.

I ricercatori evidenziano, inoltre, come il rischio di infezioni fosse più basso per i giovani con disturbi mentali che non per gli anziani, nonostante tra i giovani si registrino molti più casi. Per O'Donovan questo fenomeno può essere spiegato con una possibile minore socializzazione tra i giovani con disturbi psicotici rispetto agli anziani che "potrebbero avere più contatti in considerazione delle loro peggiori condizioni generali di salute, che richiedono una presenza maggiore di caregiver o più contatti con personale sanitario".

In particolare, tra gli over 65 il rischio era del 24% più alto per quelli con problemi di abuso di sostanze, del 23% più alto per quelli con disturbi psicotici, del 16% più alto per chi soffriva di disturbo bipolare, del 14% per il disturbo dell'adattamento e del 12% per l'ansia. Tra i più giovani l'aumento di rischio associato ad abuso di sostanze era dell'11%, quello per disturbo dell'adattamento del 9%, per ansia del 4% e per disturbo post-traumatico da stress del 3%.

COVID, DISTURBI DELL’UMORE E SUICIDIO

Photo by Teona Swift from Pexels.com

Le condizioni di benessere psicologico dei ragazzi di 14-19 anni, nel 2021, sono peggiorate. È quanto emerge dal Rapporto Benessere e salute (BES) 2021, presentato da Istat. Il progetto BES ha portato il Paese a disporre di un sistema di misure del progresso reale, in continua evoluzione, e permette di dare risposte puntuali e di insieme alla domanda, semplice e al tempo stesso difficilissima,:“Come va la vita, in Italia?”. Grazie al rapporto, ha spiegato il presidente di Istat, Gian Carlo Blangiardo, è possibile mettere in luce le aree dove si manifestano diseguaglianze e individuare i gruppi più svantaggiati, indirizzando su solide evidenze la domanda di politiche mirate. 

Molti divari si sono mantenuti, o addirittura allargati: dalla speranza di vita alla nascita alla mortalità evitabile, dalla spesa dei comuni per la cultura all’impatto degli incendi boschivi e dell’abusivismo edilizio, più forte nelle regioni meridionali.
La pandemia si è tradotta per lo più in arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere psicologico e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli.
Ma sono stati anche i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi. Sono loro a richiedere, oggi e negli anni a venire, la massima attenzione da parte delle politiche.

Negli anni di pandemia sono proprio i giovani tra 14 e 19 anni gli unici ad aver conosciuto un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, con la percentuale di molto soddisfatti che è passata dal 56,9% del 2019 al 52,3% del 2021.
Se gli adolescenti insoddisfatti e con un basso punteggio di salute mentale nel 2019 erano il 3,2% del totale, nel 2021 tale percentuale è raddoppiata (6,2%). Si tratta di circa 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni che si dichiarano insoddisfatti della propria vita e si trovano, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico.
D’altra parte, gli stessi fenomeni di bullismo, violenza e vandalismo a opera di giovanissimi, che negli ultimi mesi hanno occupato le cronache, sono manifestazioni estreme di una sofferenza e di una irrequietezza diffuse e forse non transitorie.

In questo stesso gruppo di età, la sedentarietà è passata dal 18,6 al 20,9%, stante l’impossibilità per molti di svolgere in modo continuativo l’attività sportiva. E, tra i ragazzi di 14-17 anni, sono state osservate quote elevate di consumatori di alcol a rischio di danneggiare il proprio benessere psicologico (23,6%).

Tra i giovani, per i quali le relazioni tra pari sono della massima importanza per uno sviluppo armonico, è diminuita in modo tangibile anche la soddisfazione per le relazioni con gli amici. La quota dei ragazzi di 14-19 anni molto soddisfatti ha perso, in due anni, 6,5 punti. Tra il 2019 e il 2021, la percentuale di giovani di 14-24 anni che dichiarano di incontrarsi con gli amici almeno una volta a settimana è crollata dall'89,8% al 73,8%. In questa fascia di età è anche calata la percentuale di chi si dichiara molto soddisfatto delle proprie relazioni familiari (-4 punti).

Non è difficile intuire le ragioni di questa disaffezione: nel 2021, il protrarsi delle difficoltà per genitori e figli nel condividere gli spazi domestici anche per lavorare e seguire le lezioni, le ridotte possibilità di frequentare i compagni di studi dovute all’alternanza della didattica in presenza e a distanza per buona parte dell’anno scolastico o accademico, le limitazioni nella possibilità di praticare attività sportive e ricreative hanno contribuito a una sorta di desertificazione degli affetti, che ha eroso le basi della soddisfazione dei giovani.

L’attività di volontariato, che era rimasta stabile nel primo anno di pandemia: nel 2021 registra una contrazione di quasi 5 punti tra i giovani di 14-19 anni. Tra il 2019 e il 2021, anche la partecipazione sociale diminuisce molto, di circa 11 punti, nella fascia 14-24 anni.

Il nostro Paese, alla vigilia della pandemia, non aveva ancora recuperato le profonde perdite in termini di tasso di occupazione giovanile legate alla recessione economica e aveva accresciuto la distanza dalla media europea. Nel 2019 in Italia il tasso di occupazione dei giovani di 25-34 anni continuava infatti a rimanere il più basso di tutti i paesi europei, con una distanza particolarmente ampia per le ragazze. Con l’arrivo della pandemia, la situazione dei giovani sul mercato del lavoro si è ulteriormente deteriorata, soprattutto per le donne, il cui tasso di occupazione ha subito le perdite maggiori.

L’Italia ha un triste primato in Europa per la numerosità dei giovani tra 15 e 29 anni che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, noti come NEET (Not in Employment, Education or Training).

Un altro fattore di criticità è rappresentato dall’elevato numero di abbandoni precoci: la quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica, anche detti Early Leavers from Education and Training (ELET) nel 2021 è pari in Italia al 12,7%, valore più elevato di quello fissato come limite massimo in sede europea (10%), già raggiunto in media dall’UE.

Ai giovani più istruiti e qualificati, l’Italia non offre ancora opportunità adeguate. E così, nonostante le limitazioni alla mobilità imposte durante il primo anno di pandemia, e l’incertezza che ha caratterizzato il 2020, le emigrazioni all’estero dei giovani laureati italiani si sono intensificate rispetto al 2019.

Fondazione Di Liegro: S.O.S. Giovani. Vecchie, nuove e nuovissime dipendenze

Photo by Flávio Santos from Pexels.com

Adolescenti e Covid. Negli Stati Uniti, nei primi sei mesi del 2021, a causa della pandemia e del lockdown gli ospedali psichiatrici segnalano un aumento del 45% del numero di casi di autolesionismo e tentativi di suicidio fino ai 17 anni rispetto allo stesso periodo del 2020. In Italia il Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop), lo scorso ottobre in un report, con le risposte di 5.621 specialisti, rileva che i pazienti con meno di 18 anni in terapia sono aumentati del 31%. È la sintesi di un focus dell'Istituto superiore Freud di Milano che ha lo scopo di affrontare i problemi degli studenti in maniera adeguata.

"I segnali sono forti: ansia, depressione, autolesionismo. Dopo questi due anni di pandemia, bisogna intercettare il
disagio generale - ha spiegato il direttore Daniele Nappo - Con il post Covid, gli adolescenti stanno combattendo un periodo e una condizione molto complessa della loro vita, con contraccolpi ricadenti per la loro salute mentale; purtroppo del sostegno psicologico, della prevenzione e dell'ascolto si parlava poco prima e se ne parla poco anche oggi. I segnali del peggioramento diffuso sono chiari e condivisi ma l'allarme sembra essere inascoltato".

La pandemia ha prodotto un decadimento generale della salute mentale di ragazzi e ragazze, con conseguenze per tutti gli adolescenti fra i 12 e 18 anni - si sottolinea nell'analisi - Chi non aveva preoccupazioni ha dovuto affrontare fasi di
smarrimento e disagio dovute alle limitazioni della socialità; per chi era già in una condizione critica sono diminuite le
possibilità di chiedere un sostegno, e per il sistema sociosanitario è accresciuto il rischio di non farcela a intercettare e in parte anche a gestire le richieste di aiuto.

In tutta Italia gli ospedali sono stati obbligati ad aumentare i posti letto nei reparti di neuropsichiatria infantile per ricevere un numero di persone che mai si era visto negli ultimi anni.

Fondazione Di Liegro: Giovani e Youth Work

Photo by Gauthier Pierre from Pexel

Manifesto per la salute mentale: senza un servizio pubblico ben funzionante l'intero sistema della cura psichica va in crisi. La persona sofferente deve  essere presa in cura all'interno della comunità in cui vive. La terapia non è assistenza, ma un prendersi cura che include i desideri degli operatori e dei soggetti sofferenti.
Lo strumento della cura è l'equipe territoriale che ha un approccio multidisciplinare, all'interno del quale le diverse professionalità e prospettive scientifiche dialogano e collaborano tra di loro e con le associazioni degli utenti e dei loro familiari.

Sono questi i punti fondanti del rinnovamento della salute mentale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale proposti dal Manifesto per la Salute mentale, promosso da Angelo Barbato dell'Istituto farmacologico Mario Negri; Antonello D'Elia, presidente della Psichiatria democratica; Pierluigi Politi, ordinario di Psichiatria all'Università dì Pavia; Fabrizio Starace, presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica; Sarantis Thanopulos, presidente della Società psicoanalitica italiana.
Al Manifesto, presentato lo scorso 28 marzo con un evento online, aderiscono esponenti della società civile, società scientifiche e associazioni di operatori del servizio pubblico e del terzo settore.

Nel corso della presentazione, è stato sottolineato come "la cura farmacologica del dolore dissociata dal lavoro psicoterapeutico (nei servizi pubblici le psicoterapie rappresentano un 6% delle cure erogate) e dal complesso lavoro  di inserimento socioculturale e lavorativo nella comunità in cui si vive, lascia inevasa la domanda di soggettivazione della propria esperienza e di rivendicazione del diritto dì cittadinanza (negato di fatto al soggetto che ha perso il suo posto nel
mondo). Il farmaco è chiamato a una funzione impropria rispetto alla sua reale capacità di alleviare, rendere tollerabile il dolore e il suo uso diventa abusivo e abusante. Nella misura in cui il modello biomedico che insegue questa prospettiva, incurante del dialogo con gli altri saperi, pretende di costituirsi anche come paradigma dei modi di prendere cura dei nostri sentimenti, diventa un pericolo per la libertà e per la democrazia".

"Il progetto di un ripensamento della salute mentale, per potenziarla, non è un'operazione nostalgica. Intende, tuttavia, recuperare tutte le acquisizioni della legge 180, oggi largamente disattese, il pluralismo scientifico che per molti anni ha consentito un approccio alla sofferenza umanizzante e non tecnicistico e una civiltà della cura che aveva accantonato tutte le pratiche di contenzione violenta, oggi incredibilmente riammesse. Scuotere le coscienze è necessario per uscire dalla spersonalizzazione dei dispositivi terapeutici ma, al tempo stesso, la validità dei trattamenti sotto il profilo della qualità della vita e la loro capacità di farsi carico del dialogo tra il singolo e la collettività, fanno respirare i sentimenti e i pensieri di tutti".

"La formazione degli operatori deve essere eccellente: questo significa renderla più rigorosa e soprattutto intervenire sulla preparazione accademica. Il sostegno reciproco tra le equipe territoriali e le comunità in cui esse lavorano è molto importante ed è il miglior modo per evitare di precipitare negli anfratti di una società malata. La cura della società, nell'ambito del servizio pubblico, non passa attraverso le linee guida di un astratto 'benessere psicologico', una sorte di fitness psichica. Deve farsi carico delle situazioni concretamente e potenzialmente patogene, agendo in senso preventivo, ed è necessaria la collaborazione con prassi creative e saperi esterni alla salute mentale. La collaborazione sul piano clinico e della ricerca tra i dipartimenti della salute mentale, le università e le società scientifiche, alcune delle quali hanno attivato servizi di consultazione e di terapia rivolti al disagio sociale, è altrettanto necessaria".

Photo by Kindel Media from Pexels

Secondo il Rapporto sulla salute mentale 2020, sono 728.338 le persone in Italia che nel corso del 2020 hanno avuto bisogno delle cure psichiatriche dei servizi specialistici, in pratica 143,4 ogni 10mila abitanti adulti, con differenze regionali che vanno dai 34,2 in Molise fino ai 195,4 in Umbria. Gli utenti sono di sesso femminile nel 53,6% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (69,0%).
Sono state 232.376 le persone che nel 2020 per la prima volta nella vita hanno chiesto aiuto ai servizi di salute Mentale.

È quanto emerge dall'ultimo Rapporto sulla Salute mentale pubblicato dal Ministero della Salute, che costituisce, a livello nazionale, la più ricca fonte di informazioni sugli interventi sanitari e socio-sanitari dell’assistenza alle persone adulte con problemi di salute mentale e alle loro famiglie.

Il Rapporto sulla salute mentale offre al lettore una panoramica delle evidenze emerse dalle varie fonti informative disponibili. I dati sono rilevati attraverso il SISM (Sistema Informativo Salute Mentale) che rappresenta lo strumento cardine per programmare a livello dell’erogazione dell’assistenza, regionale e locale, nonché per disegnare strategie di livello nazionale, modulate su tempi medio-lunghi, in considerazione dei trend della prevalenza dei principali disturbi mentali, a cui sono associati diversi gradi di disabilità, sofferenze individuali e della rete familiare, nonché pesanti costi economici e sociali.

Gli utenti dei servizi psichiatrici sono nel 53,6% dei casi donne e nel 69% dei casi hanno un'età superiore ai 45 anni. In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha tra i 45 e i 64 anni.

Le patologie più frequenti sono la depressione (31,2 casi per 10.000 abitanti), la schizofrenia e le altre psicosi funzionali (29,9), le sindromi nevrotiche e somatoformi (18), la mania e i disturbi affettivi bipolari (11,9), i disturbi della personalità e del comportamento (10,3). Tra i maschi sono più frequenti di disturbi schizofrenici, i disturbi di personalità, i disturbi da abuso di sostanze e il ritardo mentale, mentre le donne sono colpite prevalentemente da disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare per la depressione il tasso tra le donne è quasi doppio di quello dei maschi: 40,4 per 10.000 abitanti contro 24,2.

Tra gli utenti più giovani dei servizi territoriali predominano le sindromi nevrotiche e somatoformi; la prevalenza degli utenti con psicosi schizofreniche è massima intorno ai 50 anni, mentre i disturbi affettivi aumentano progressivamente attraverso le classi di età fino ai 64 anni. Come e Anche la depressione è una patologia che diventa più frequente al crescere dell'età raggiungendo un picco a 55-64 anni in entrambi i sessi.

Le prestazioni erogate nel 2020 dai servizi territoriali sono state 8.299.120, con una media di 12,3 prestazioni a utente. Il 33% degli interventi è rappresentato da attività infermieristica a domicilio e nel territorio, il 22,8% da attività psichiatrica, l'11,4% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale.
Per quanto riguarda l'assistenza ospedaliera, nel 2020 ci sono state 84.491 dimissioni dalle strutture psichiatriche (pubbliche e private), con una degenza media di 13,4 giorni. Gli accessi al Pronto Soccorso per patologie psichiatriche sono stati 421.208, il 3,2% del numero totale di accessi al PS.

La spesa media annua per l'assistenza psichiatrica nel 2020 è stata pari a 67,5 euro per ogni residente. Per i farmaci, la spesa lorda complessiva per gli antidepressivi è stata di oltre 391 milioni di euro in regime di assistenza convenzionata (con un numero di confezioni superiore a 37 milioni) e di 1 milione di euro in regime di distribuzione diretta (con un numero di confezioni pari a 496.762). Per la categoria degli antipsicotici spesa lorda superiore a 77 mln di euro per la convenzionata (5,9 mln di confezioni) e circa 72 mln di euro per la diretta (6,7 mln di confezioni). Per la categoria Litio la spesa lorda convenzionata pari a circa 3,6 mln di euro (confezioni 900.840) e 55.208 euro in distribuzione diretta (24.349 confezioni).

Nel 2020 il sistema informativo salute mentale ha rilevato dati di attività di 1.299 servizi territoriali, 1.949 strutture residenziali e 811 strutture semiresidenziali che si riferiscono a circa il 94% dei DSM. Nel 2020 il numero dei SPDC attivi (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura ) è pari a 328, con complessivi 4.156 posti letto per ricoveri ordinari e 310 posti letto per ricoveri in day hospital; le strutture ospedaliere in convenzione che erogano attività di assistenza psichiatrica sono pari a 18 con un totale di posti letto per degenza ordinaria pari a 792 e a 3 posti per day hospital. Per il totale Italia, l’offerta per i posti letto in degenza ordinaria è di 9,9 ogni 100.000 abitanti maggiorenni.

La dotazione complessiva del personale all’interno delle unità operative psichiatriche pubbliche, nel 2020, risulta pari a 28.807 unità, mentre sono 12.176 le unità che operano nelle strutture sanitarie convenzionate con il Dipartimento di Salute Mentale.

Scarica il Rapporto sulla salute mentale 2021

Una sintesi del recente editoriale dal titolo "Impatto della pandemia da Coronavirus (COVID-19) sui disturbi dell'umore e le intenzioni suicidarie", realizzato da alcuni dottorandi del Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute dell'Università La Sapienza di Roma.

La diffusione imprevista del Coronavirus (COVID-19) ha portato a una crisi globale che ha cambiato radicalmente le nostre vite. Dopo quasi 2 anni di pandemia, il COVID-19 rappresenta ancora una minaccia significativa per la sicurezza individuale e globale. I governi hanno adottato le necessarie misure restrittive per contenere l'infezione e ridurre l'impatto della crisi sui sistemi sanitari di tutto il mondo, hanno costretto le persone ad allontanarsi e isolarsi socialmente.

Per questo motivo, la pandemia ha ancora importanti ripercussioni non solo sulla salute fisica: il benessere psicologico è stato gravemente colpito considerando che durante il periodo pandemico è aumentato anche il rischio di insorgenza dei disturbi mentali.

Nell'editoriale sono descritti articoli di ricerca concentrati sugli effetti della pandemia sull'umore e sui comportamenti delle persone. Di particolare rilevanza, infatti, è stata la diffusione di sintomi depressivi, ansia e ideazioni suicidarie, in diversi paesi e popolazioni (come operatori sanitari, studenti e persone con specifiche condizioni cliniche). Inoltre, l'argomento di ricerca evidenzia le sfide attuali per far fronte all'impatto psicologico della COVID-19, fornendo spunti per la pratica clinica per sostenere gli operatori sanitari, i pazienti con COVID-19 e i loro familiari.

Chiara Ciacchella, Virginia Campedelli, Giorgio Veneziani, Gaia Romana Pellicano, Daniela Sambucini, Carlo Lai -
Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute, Università La Sapienza di Roma

Leggi la versione completa dell'editoriale "Impatto della pandemia da Coronavirus (COVID-19) sui disturbi dell'umore e le intenzioni suicidarie".

Photo by Polina Tankilevitch from Pexels

"Intercettare i segnali di disagio e intervenire in modo tempestivo ed efficace sono competenze essenziali per chi lavora insieme ai giovani". Lo ha dichiarato oggi Rodolfo Lena, Presidente della Commissione Sanità del Consiglio Regionale del Lazio, intervenendo al convegno 'Colmare il gap. Strumenti di intervento per la salute mentale dei giovani', promosso dalla Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro, dalla ASL Roma 1 per presentare i risultati del Progetto Europeo YouProMe.

"Questo progetto - ha sottolineato Lena - è nato con l'obiettivo di offrire agli Youth Worker (figure che operano a vario titolo a stretto contatto coi giovani) modelli e strumenti per intervenire a favore del benessere e della salute mentale dei ragazzi. Lo Youth Worker è una figura riconosciuta dalle politiche europee e una risorsa preziosa anche nel nostro Paese: un numero elevato di persone che svolgono un ruolo strategico come allenatori sportivi, animatori di gruppi giovanili, maestri d'arte. Spesso si tratta anche di volontari, i quali mettono a disposizione le loro competenze che in questo momento storico sono diventate ancora più importanti, viste le drammatiche conseguenze psicologiche del Covid sui più giovani".

"L'adolescenza rappresenta una fase ad alto rischio perché in questo periodo si costruisce l'identità. La pandemia ha avuto, e sta tuttora avendo tra gli adolescenti, una forte spinta all'isolamento, ancor più su coloro che avevano già manifestato un disagio mentale. Rispetto al periodo pre-pandemico, i casi di depressione e ansia tra gli adolescenti sono più che raddoppiati. Sono raddoppiati anche gli accessi al Pronto soccorso e i ricoveri ospedalieri del 30%, con punte del 70% nei disturbi del comportamento alimentare, secondo i dati della Asl Roma 1. Sono necessari interventi immediati e a diversi livelli, in sinergia tra istituzioni educative, scolastiche e socio sanitarie. Il Lazio - ha concluso il Presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale -  sta attuando un'opera di sostegno e incremento dei Servizi territoriali di neuro psichiatria infantile e più in generale di tutti i Servizi di tutela della salute mentale e riabilitazione dell'età evolutiva, gli unici in grado di avere l'approccio multidisciplinare necessario".

Strumenti di intervento per il benessere e la salute mentale dei giovani.

Allenatori sportivi, animatori di gruppi giovanili, maestri d’arte…in una parola Youth Worker!

La necessità di investire sulla formazione e sul riconoscimento delle competenze di questa moltitudine di persone è alla base del Progetto europeo Erasmus+ “Youth Workers Promoting Mental Health (YouProMe)” i cui risultati sono stati presentati questa mattina a Roma. All'incontro, promosso dalla Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro onlus e dalla ASL RM1 capofila del progetto sono intervenuti tra gli altri:  Fabrizio Starace – Coordinatore del Tavolo Tecnico Salute Mentale del Ministero della Salute, Rodolfo Lena – Presidente VII Commissione Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria, welfare Regione Lazio, Barbara Funari – Assessore alla Politiche Sociali e alla Salute Comune di Roma, Alessandra Aluigi – Assessore Politiche Sociali Municipio Roma. La giornata e’ stata anche occasione per riflettere insieme ai partner europeo di Inghilterra, Grecia e Romania sulle nuove sfide legate alla salute mentale dei giovani, che mai come in questo momento di pandemia la nostra società si trova ad affrontare.

Chi soffre di forme di disagio mentale durante l’infanzia e l’adolescenza rischia di associare in età adulta non solo una salute peggiore mentale, ma anche maggiori difficoltà nelle relazioni e nella vita in generale.” dichiara Luigina Di Liegro, Segretario generale della Fondazione Di Liegro “Per questo saper intercettare i segnali di disagiointervenire in modo tempestivo, efficace e inclusivo sono competenze essenziali per chi lavora insieme ai giovani. Grazie a questo progetto” prosegue “abbiamo avuto la possibilità di condividere e esportare le nostre buone pratiche per la salute mentale; mettere a punto e a disposizione degli Youth worker interventi condivisi, per garantire una crescita piena e armoniosa di tutti i cittadini di domani.”

Lo Youth Worker è un profilo espressamente riconosciuto nell’ambito delle politiche europee per la gioventù e una risorsa preziosa anche nel nostro Paese. Una galassia variegata che coinvolge a vario titolo un numero elevato di persone che, operando lungo il bordo in contesti informali, svolgono un ruolo strategico per il benessere e la salute dei ragazzi: dal settore dello sport, a quello delle attività culturali e artistiche, ricreative, dalle attività di socializzazione e ricreative a all’assistenza sociale e protezione civile. Organizzazioni di volontariato, associazioni, imprese e cooperative sociali, onlus che, senza conteggiare chi mette a disposizione volontariamente le proprie competenze, hanno complessivamente 861.919 dipendenti (dati Istat 2019).  

PROGETTO

Avviato già prima della pandemia dalla Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro e la ASL Roma 1 con partner di Gran Bretagna, Romania e Grecia, il progetto “YouproMe” ha l’obiettivo di offrire agli Youth Worker modelli condivisi e strumenti operativi utili per poter intervenire in modo efficace per il benessere e la salute mentale dei giovani. 

Materiali e documenti, gratuiti e scaricabili dal sito www.youpromeproject.eu , a cui attingere per ampliare le proprie competenze, orientarsi sul tema e trovare suggerimenti pratici per attività e interventi sul campo.

Un progetto strategico viste le drammatiche conseguenze psicologichedel Covid sui più giovani, che non hanno avuto la possibilità di vivere serenamente i momenti fondamentali della loro crescita. Dati che richiedono interventi immediati e a diversi livelli, in sinergia tra istituzioni educative e socio-sanitarie.

Rispetto al periodo pre-pandemico i casi di depressioneansia tra gli adolescenti sono più che raddoppiati (Dati pubblicati da Jama Pediatrics).

Uno studio dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze segnala che i pazienti con disturbi alimentari sono aumentati di 4 volte rispetto agli anni precedenti (dati giugno 2021).

Le ultime osservazioni condotte dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma parlano di un aumento del 30% di tentativi di suicidio e autolesionismo tra i più giovani.

I dati del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Roma 1 infine ci confermano che la pandemia ha determinato un aumento medio dell’incidenza dei disturbi psichici in adolescenza del 30%, con punte del 70% nei disturbi del comportamento alimentare. La gran parte di questi sono disturbi della regolazione emotivo-affettiva, prevalentemente autolesionismo e tentativi di suicidio, poli-abuso di sostanze con conseguenti episodi psicotici, comportamenti alimentari instabili, violenza agita e on line; meno frequenti, ma non per questo meno preoccupanti, i disturbi definiti “internalizzanti”: isolamento, inversione ritmo sonno-veglia, hikikomori, ecc..

LE STORIE

Quando andavo a scuola” racconta Filippo, 18 anni intervistato nell’ambito del Progetto “io e il mio amico Daniele avevamo una grandissima difficoltà nello studio. Sia nel comprendere le spiegazioni dei professori, che pure con noi ce la mettevano tutta, sia nel metterci sui libri. Ogni occasione era buona per scappare. Alla fine” prosegue nel suo marcato accento romano “per recuperare ci hanno costretto a un dopo scuola. Lì c’era un ragazzo poco più grande di noi per aiutarci… non mi ricordo neanche come si chiamava, ma aveva un modo di parlare che faceva venire voglia di studiare. Più a me che a Daniele a dir la verità” conclude ridendo “Lui però non si è mai arreso e, alla fine, siamo arrivati entrambi al Diploma.” Francesca, 27 anni, ha in tasca una Laurea in Allevamento animale ed educazione cinofila, conseguita presso l’Università di Pisa, dove grazie alla tesi sulla “Pet Theraphy” ha rovato il modo per unire il suo amore per gli animali al desiderio di aiutare le persone più fragili. Ma le sue passioni non finiscono qui. “Fin da ragazza ho sempre giocato a pallavolo.” racconta “Per questo, quando mi hanno proposto di partecipare come allenatrice al progetto di avvio alla pratica sportiva nella scuola media del mio quartiere ho accettato con entusiasmo.” Un’esperienza interrotta a causa delle restrizioni dovute al Covid, ma che ha permesso comunque a Francesca di entrare in relazione con molti ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 14 anni. “Giocare ha aiutato tutti! Sia i ragazzi più competenti, che quelli meno sportivi, almeno in apparenza. Sono bastati pochi incontri per tirare fuori da ciascuno capacità nascoste.” Prosegue “I più esperti hanno dato qualche dritta ai più insicuri, che hanno conquistato così scioltezza e disinvoltura anche fuori dal campo. Lo stare insieme e il gioco hanno fatto il resto, aiutando i più grandi, me compresa, nell’ascolto e nell’aiuto”.

Don Gabriele è un giovane sacerdote di 32 anni, impegnato nella sua missione come viceparroco in una Parrocchia della periferia romana. “Ogni giorno incontro tanti ragazzi e ragazze: in oratorio, nel gruppo scout di cui sono assistente, in Chiesa. Mi sento a tutti gli effetti un educatore informale e come tale ho sempre bisogno di nuovi strumenti.  Al primo posto per me c’è sicuramente il desiderio di condividere le esperienze e confrontarmi con persone competenti, per poter avere più forza e incisività nell’affrontare le problematiche giovanili”. Prosegue parlando della sua esperienza “Ho toccato con mano il disagio che la pandemia ha portato con sé, facendo emergere a volte problemi latenti. Allo stesso tempo c’è nei ragazzi un grande desiderio di vita e di rinascita. Lo stare insieme, avere al fianco adulti con cui entrare in relazioni positive, li ha aiutati e li aiuta a superare gli ostacoli e le barriere (compresi il distanziamento forzato e le mascherine). Il loro potenziale positivo è lì, basta solo dargli sostegno e accompagnamentoPer farlo al meglio e crescere insieme a loro, le occasioni non sono mai abbastanza.”  

Silvia ha 24 anni e così tante energie e voglia di fare che è difficile inquadrarla in un’unica definizione. È al tempo stesso una volontaria, un capo scout, una giovane laureata in Psicologia Clinica e si potrebbe continuare ancora per un po’! Tra i tanti motivi che l’hanno portata a interessarsi al progetto “Youprome” sceglie di parlarci della sua esperienza di tirocinio con ragazzi che hanno diversi disagi psichici. “Il progetto nel quale sono impegnata coinvolge ragazzi tra i 14 e i 18 anni in attività informali e socio-riabilitativeAttraverso l’ippoterapia, ad esempio, gli facciamo vivere un’esperienza nuova: per una volta sono loro in prima persona a prendersi cura e a prestare attenzione a un altro da sé. Nella cura del cavallo, nella relazione di affidamento si impegnano, si divertono, si sentono più leggeri.” Qui ho capito quanto sia necessario affiancare la teoria studiata sui libri, con la pratica, il contatto, la relazione.Con il progetto Youprome” spiega “Ho trovato nuove risorse per il mio lavoro: strumenti pensati e sperimentati per ragazzi che in questa fascia di età soffrono di disagio mentale a cui attingere per attività nuove e stimolanti per tutti.”

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In occasione del convegno Colmare il gap. Strumenti di intervento per il benessere e la salute mentale dei giovani abbiamo parlato con alcuni Youth Worker, che ci hanno raccontato la loro storia.

Don Gabriele è un giovane sacerdote di 32 anni, impegnato nella sua missione come vice-parroco in una Parrocchia della periferia romana.

“Ogni giorno incontro tanti ragazzi e ragazze: in oratorio, nel gruppo scout di cui sono assistente, in Chiesa. Mi sento a tutti gli effetti un educatore informale e come tale ho sempre bisogno di nuovi strumenti. Al primo posto per me c’è sicuramente il desiderio di condividere le esperienze e confrontarmi con persone competenti, per poter avere più forza e incisività nell’affrontare le problematiche giovanili”. Prosegue parlando della sua esperienza: “Ho toccato con mano il disagio che la pandemia ha portato con sé, facendo emergere a volte problemi latenti. Allo stesso tempo c’è nei ragazzi un grande desiderio di vita e di rinascita. Lo stare insieme, avere al fianco adulti con cui entrare in relazioni positive, li ha aiutati e li aiuta a superare gli ostacoli e le barriere (compresi il distanziamento forzato e le mascherine). Il loro potenziale positivo è lì, basta solo dargli sostegno e accompagnamento. Per farlo al meglio e crescere insieme a loro, le occasioni non sono mai abbastanza.”

Silvia ha 24 anni e così tante energie e voglia di fare che è difficile inquadrarla in un’unica definizione.

È al tempo stesso una volontaria, un capo scout, una giovane laureata in Psicologia Clinica e si potrebbe continuare ancora per un po’! Tra i tanti motivi che l’hanno portata a interessarsi al progetto YouProMe sceglie di parlarci della sua esperienza di tirocinio con ragazzi che hanno diversi disagi psichici. “Il progetto nel quale sono impegnata coinvolge ragazzi tra i 14 e i 18 anni in attività informali e socio-riabilitative. Attraverso l’ippo-terapia, ad esempio, gli facciamo vivere un’esperienza nuova: per una volta sono loro in prima persona a prendersi cura e a prestare attenzione a un altro da sé. Nella cura del cavallo, nella relazione di affidamento si impegnano, si divertono, si sentono più leggeri. Qui ho capito quanto sia necessario affiancare la teoria studiata sui libri, con la pratica, il contatto, la relazione. Con il progetto YouProMe - spiega - ho trovato nuove risorse per il mio lavoro: strumenti pensati e sperimentati per ragazzi che in questa fascia di età soffrono di disagio mentale a cui attingere per attività nuove e stimolanti per tutti”.

Francesca, 27 anni, ha in tasca una Laurea in Allevamento animale ed educazione cinofila, conseguita presso l’Università di Pisa

Qui, grazie alla tesi sulla “Pet Theraphy” ha trovato il modo per unire il suo amore per gli animali al desiderio di aiutare le persone più fragili. Ma le sue passioni non finiscono qui. “Fin da ragazza ho sempre giocato a pallavolo - Per questo, quando mi hanno proposto di partecipare come allenatrice al progetto di avvio alla pratica sportiva nella scuola media del mio quartiere ho accettato con entusiasmo". Un’esperienza interrotta a causa delle restrizioni dovute al Covid, ma che ha permesso comunque a Francesca di entrare in relazione con molti ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 14 anni. “Giocare ha aiutato tutti! Sia i ragazzi più competenti, che quelli meno sportivi, almeno in apparenza. Sono bastati pochi incontri per tirare fuori da ciascuno capacità nascoste.” Prosegue “I più esperti hanno dato qualche dritta ai più insicuri, che hanno conquistato così scioltezza e disinvoltura anche fuori dal campo. Lo stare insieme e il gioco hanno fatto il resto, aiutando i più grandi, me compresa, nell’ascolto e nell’aiuto”.

Filippo, 18 anni, e l'incontro con uno Youth Worker

“Quando andavo a scuola - racconta Filippo, 18 anni intervistato nell’ambito del Progetto YouProme - io e il mio amico Daniele avevamo una grandissima difficoltà nello studio. Sia nel comprendere le spiegazioni dei professori, che pure con noi ce la mettevano tutta, sia nel metterci sui libri. Ogni occasione era buona per scappare. Alla fine - prosegue nel suo marcato accento romano - per recuperare ci hanno costretto a un dopo-scuola. Lì c’era un ragazzo poco più grande di noi per aiutarci… Non mi ricordo neanche come si chiamava, ma aveva un modo di parlare che faceva venire voglia di studiare. Più a me che a Daniele, a dir la verità - conclude ridendo - Lui però non si è mai arreso e, alla fine, siamo arrivati entrambi al Diploma”. Photo by Anete Lusina.
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