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Il progetto "Star bene a scuola s'impara" è un percorso di peer education che si svolge in due scuole superiori a Roma nel corso di tre anni. L'obiettivo del progetto è promuovere il benessere e prevenire il bullismo attraverso un approccio tra pari, dove gli studenti vengono formati come consulenti tra pari (peer counselors) per sostenere i propri compagni.

La prima fase del progetto coinvolge l'intero corpo studentesco e ha l’obiettivo di renderlo coeso e valorizzarlo come risorsa e fattore di protezione. Attraverso l’intervento e la guida dell’equipe psicologica le classi hanno lavorato sulla creazione di un senso di appartenenza, collaborazione, cooperazione e integrazione tra pari. Questo lavoro ha permesso la creazione di un clima positivo e di benessere, per limitare l’emarginazione o l’isolamento, fenomeni che possono provocare, oltre al malessere individuale con il conseguente scarso rendimento scolastico e possibili abbandoni scolastici, l’insorgenza del fenomeno del bullismo.

La seconda fase prevede l’identificazione, all’interno delle varie classi, di studenti motivati per diventare consulenti tra pari e fornisce loro una formazione per il potenziamento delle risorse personali, lo sviluppo dell’autoefficacia e delle competenze (empowerment) individuate insieme, comprese e condivise (life skills).Ne è seguito un lavoro di monitoraggio, sostegno e supervisione dei peer counselors.

La terza fase mira a consolidare il lavoro svolto e a sviluppare ulteriormente la funzione dei consulenti tra pari, integrandola in un programma educativo basato sulla promozione del benessere a scuola. I consulenti tra pari diventano educatori tra pari ed entrano in classe per sensibilizzare i loro compagni sui temi appresi.

A partire dal 19 ottobre si terrà la XIII edizione del consueto corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la Salute Mentale" promosso dalla Fondazione, dal titolo: "Stili di vita per il benessere in adolescenza". Nove incontri rivolti a chi è interessato ad approfondire gli argomenti del volontariato per la salute mentale.

In particolare, il tema di quest'anno è incentrato sull'adolescenza e gli stili di vita per il benessere. Protagonista sarà la rete dei rapporti e delle esperienze vissute dall’adolescente; reti che, oltre ad essere psicologiche ed affettive, sono anche culturali e sociali: la famiglia, la scuola, il gruppo dei coetanei.

Gli incontri si terranno presso la sede della Fondazione Di Liegro, in via Ostiense, 106 - Ingresso Centrale Montemartini - La sede è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici: fermata della metropolitana linea B Garbatella.

Scarica il programma degli incontri

Per iscriversi:

Compila il Modulo scaricabile da inviare a segreteria@fondazionediliegro.it

Oppure

iscriviti online cliccando qui

Il costo dell’intero corso è di 50 euro. Si può saldare il primo giorno del corso.

Sabato 23 novembre si è tenuto il terzo incontro del nostro consueto corso di formazione. Il focus di quest'anno sono gli Stili di vita per il benessere in adolescenza.

Le sedie in cerchio. Genitori, parenti, psicologi, psicoterapeuti, studenti, operatori nel sociale. Il tema è l’adolescenza nel ciclo di vita della famiglia. Il dialogo parte da un video con i racconti in prima persona di ragazzi che vivono con disagio, talora con un disturbo psicologico, il difficile processo di trasformazione che porta verso l’età adulta.

Poi i genitori – sono le madri in stragrande maggioranza- raccontano i loro percorsi travagliati, che in diversi casi cominciano dalla loro stessa adolescenza problematica, segnata da genitori disfunzionali. Le zone d’ombra che emergono si diradano nel gruppo, che ascolta, comprende, condivide, sostiene, suggerisce, accompagnato dagli esperti presenti.

Cambiare la prospettiva, trovare il coraggio di trasformare le proprie idee, mutare il proprio sguardo sui figli, avere fiducia in loro, stare con loro per vincere insieme la paura del vivere che riguarda tutti: adolescenti, genitori, operatori. Perché la paura è sempre accompagnata dalla speranza, speranza di essere ancora in tempo, di poterci riuscire.

Il prossimo incontro, sabato 30 novembre, avrà come tema la salute attraverso l’integrazione. Vi aspettiamo per un altro momento di crescita personale e collettiva.

 

Giovani e dipendenze: ogni settimana una nuova sostanza psicoattiva appare nel mercato delle droghe. L’osservatorio europeo che monitora questa materia (EMCDDA) alla fine del 2018 aveva contato, sulla base dei sequestri effettuati nel continente, circa 800 nuove molecole sintetiche. Cifra che coincide grosso modo con quella diffusa dalle Nazioni Unite (892).

Ma un altro dato è invece in contrasto con le agenzie internazionali ufficiali, come ha illustrato lo psichiatra Alessandro Vento, presidente dell'associazione Osservatorio sulle dipendenze. Viene dall’NPS Finder, un web-crawler progettato e realizzato da un team di operatori della salute mentale di una Asl romana per identificare automaticamente le nuove sostanze psicoattive lanciate in rete. Nel primo periodo pilota di 18 mesi ne sono state intercettate ben 4.000; molecole che possono causare alterazioni neurobiologiche tali da indurre disturbi psichici associati ad aggressività auto o etero diretta. Lo psichiatra Alessandro Vento, uno dei realizzatori del progetto, lo ha illustrerà nel suo intervento al convegno.

L’universo della tossicodipendenza si è trasformato profondamente, anche se la sua rappresentazione resta quella di generazioni passate. Attenzione, le vecchie droghe ci sono ancora (la cannabis è sempre quella più diffusa), ma viene aumentata costantemente la loro potenza e il poli-abuso, cioè l’uso concomitante di più sostanze, è diventato la regola.

Distinguere tra droghe leggere e pesanti non ha più molto senso. La psichiatra Marta Di Forti del King’s College di Londra, relatrice del convegno, ha condotto una ricerca su 900 pazienti provenienti da 11 località europee che ha dimostrato l’incidenza dell’uso della cannabis ad alta potenza negli esordi psicotici, un dato che ha importanti implicazioni per la salute pubblica.

Il rapporto dei giovani e dipendenza dall’alcol, spesso associato all’assunzione di sostanze in una sorta di nuova “cultura del bere”, è stato il tema dell’intervento di Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità.  Nell’ottica di una necessaria e possibile prevenzione.

Il convegno aprirà poi un ampio sguardo sulle nuove epidemie: le dipendenze non farmacologiche che minacciano la salute mentale dei nostri adolescenti, dalla sindrome di astinenza da internet all’abuso di interattività che stronca i rapporti interpersonali, fino all’Hikikomori, il ritiro sociale di adolescenti, spesso molto intelligenti, che si isolano sempre di più fino ad abbandonare la scuola e chiudersi in casa, passando ore davanti allo schermo del computer. Fenomeno nato negli anni ‘80 in Giappone e in grave diffusione anche in Italia.

Dietro queste realtà, una generazione che non guarda più né al passato né al futuro, ferma in un presente assoluto, vissuto nella ricerca del massimo sballo. Mentre gli adulti appaiono in preda a una crisi di autorevolezza che depotenzia ogni tentativo di sostegno ai giovani in dipendenza.

Il titolo del convegno sottolinea il ruolo determinante del servizio pubblico nella battaglia in favore della salute mentale dei giovani a cui la Fondazione Di Liegro da tempo dà il suo sostegno. Ne va del futuro di tutti.  Servono un ripensamento e una riorganizzazione dei servizi, servono nuovi investimenti. “Risposte integrate al disagio giovanile: una sfida per i servizi del futuro” è il titolo della tavola rotonda che ha concluso il convegno.

Rivedi l'evento

Il programma del convegno

Abbiamo chiesto a Cesare Moreno, presidente dell'Associazione Maestri di Strada di onlus, di rispondere ad alcune domande.

Come si possono affrontare oggi i problemi della droga, del policonsumo di sostanze, delle nuove dipendenze, ad esempio, quelle tecnologiche tra i giovani e giovanissimi?

I comportamenti giovanili estremi, tra cui quelli citati, costituiscono risposte compulsive a problemi che richiedono risposte complesse che dovrebbero segnare il passaggio alla maturità. Dal mio punto di vista c’è il problema generale della dipendenza che è sostanzialmente una “crisi della presenza” o anche una forma di “anomia diffusa”. Due facce della stessa medaglia che rimandano a un sentirsi permanentemente fuori posto, dall’avere un bisogno compulsivo di sensazioni forti per accorgersi di esserci. Tra queste risposte includo anche la dipendenza da ideologie e da capi carismatici, il conformismo ossessivo e persino le sindromi di ritiro sociale che portano all’estremo questo sentirsi fuori posto. Tutte queste situazioni rimandano ad un unico problema: l’assenza di comunità, ossia l’assenza di legami significativi, di relazioni in cui la giovane persona sente di avere un ruolo, sente che la sua esistenza ha un significato, può sentire il suo esserci perché c’è qualcuno che condivide con lei un sogno, un desiderio.

Quale strategia devono avere oggi i servizi per affrontare il problema del disagio giovanile?

Qualsiasi servizio, a cominciare da quello scolastico, dovrebbe ripartire non dal disagio giovanile, ma dal “disagio della civiltà” dalle forme contemporanee che assume il disagio esistenziale, il modo dell’animale uomo di essere in una società organizzata. Il processo di ominizzazione o processo di incivilimento, anche nelle forme di cultura più rarefatta, è basato comunque su processi che riguardano il corpo e le sue espressioni emozionali. Il disagio della civiltà è innanzi tutto la difficoltà a collocare il sé corporeo in un processo sociale che nelle sue espressioni dominanti nega tutti i fenomeni legati al corpo e li tratta tutti come oggetto di consumo e di un ipercontrollo preteso razionale. Cominciare da qui significa lavorare con i giovani a partire dalla condivisione di un disagio profondo, a partire dal fatto che gli adulti e gli operatori dimostrino con la propria esistenza e resistenza di saper essere se stessi nonostante tutto, nonostante “ogni evidenza contraria” tesa alla svalutazione dell’umano. Qualsiasi servizio alla persona dovrebbe partire dalla condivisione, dal tentare di costruire comunità, dal curare insieme un bene comune che in questo caso è il benessere psichico dei giovani e degli operatori incaricati di interagire con loro.

Per affrontare le dipendenze come si può strutturare un lavoro in rete che sia organico e realmente integrato tra i servizi e le altre risorse presenti sul territorio: scuole, associazioni di volontariato, parrocchie, cooperative sociali, datori di lavoro?

Per un vero lavoro in rete occorre fondare un’alleanza a monte dei servizi. Occorre riconoscersi insieme in una comunità territoriale prima ancora che in una comunità professionale. Le reti finora sono state intese come una federazione di repubbliche indipendenti, con tutti i limiti ed i fallimenti del caso. Bisogna invece partire dalla condivisione di un bene comune che in questo caso è la rete delle relazioni comunitarie. Il popolo è entità concreta e non ideologica, quando esiste la cura reciproca, quando gli specialismi dialogano intimamente con interlocutori non specialistici. L’essenza di una vera comunità è il dialogo permanente e paritario tra persone che svolgono una funzione specializzata  e comuni cittadini che non sono destinatari ma interlocutori di chi svolge un servizio. Ogni servizio ha una sua logica specifica legata alle tecniche che deve usare in relazione alla propria missione , ma tutti i servizi devono operare come parte di una comunità e come fondatori di quella comunità. Finché i servizi operano come avamposti dello Stato in territori non toccati dalla grazia, le reti non funzionano e se funzionano lo fanno a difesa di sé  - di una identità professionale fine a se stessa - e non a sostegno della comunità di vita.

Da dove partire per avviare percorsi di recupero di giovani e giovanissimi che vivono forme di dipendenza e di disagio sociale?

Bisogna che in ogni quartiere, in ogni unità territoriale per la quale si possa ipotizzare uno spazio per relazioni comunitarie, ci sia un centro di promozione della socialità  che non sia solo giovanile, ma riguardi tutti i cittadini che sentono il desiderio di stabilire relazioni di comunità, un luogo che promuova iniziative  e non si limiti ad aggregare, un luogo cin cui si possa realizzare un incontro autentico tra le generazioni. In questo “brodo di coltura” comunitaria possono operare servizi specializzati che aiutano e sostengono i giovani nel trovare la strada della significanza.

Il convegno, riflettendo sul tema della Salute mentale in età giovanile, si propone di mettere a fuoco e analizzare il complesso mondo delle dipendenze e la loro relazione con il disagio psichico.

La letteratura internazionale evidenzia che circa il 75% di tutti i disturbi mentali insorge prima dei 24 anni. In particolare l’OMS rivela che un adolescente su 5 oggi soffre di qualche disturbo mentale e tale tendenza è in crescita anche per gli anni a venire.
L’adolescenza e la prima giovinezza rappresentano la fase della vita nella quale viene generalmente collocato l’esordio o il primo episodio della maggior parte dei disturbi psichici.
Ai problemi tipici di questa fase di passaggio del ciclo evolutivo, che comporta una profonda trasformazione a livello biologico e neurobiologico, si aggiungono nella nostra società potenziali fattori di rischio connessi alle rapide trasformazioni tecnologiche e ai loro riflessi culturali e sociali, sia nelle comunità locali, sia a livello globale.
In particolar modo, il tema delle dipendenze da sostanze e dipendenze comportamentali patologiche nella loro complessità moderna, rappresentano oggi un’emergenza sociale che ci impone di informare e formare le famiglie, gli operatori sociosanitari, gli educatori, la cittadinanza tutta, soprattutto nella prospettiva della prevenzione del disagio.

I temi della prevenzione e della promozione della salute mentale costituiscono gli obiettivi centrali del gruppo di lavoro integrato nell’ambito di questo convegno, che viene organizzato con la collaborazione della Fondation d’Harcourt, dell’Associazione Osservatorio sulle dipendenze (ODDPSS), della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) e le Facoltà di Scienze Sociali e di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana.

Il convegno rappresenta, quindi, un’importante opportunità per approfondire il tema della salute mentale in adolescenza, evidenziando alcune tra le problematiche oggi più diffuse tra i giovani. Inoltre, si propone di creare uno spazio di confronto utile a un ripensamento e a una riorganizzazione delle metodologie di intervento nella gestione del fenomeno che tenga conto dei diversi attori coinvolti e della sua complessità sociale e culturale, oltre che clinica.

Scarica il programma 

La partecipazione al convegno è gratuita.

Per iscriversi:

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E.C.M. e Crediti formativi - Su richiesta, verrà rilasciato un attestato di frequenza. L’evento è accreditato da Duerre congressi SRL provider n.522 per n. 7 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie (contributo volontario € 50). 7 crediti  formativi per Assistenti Sociali (contributo volontario € 20). L'evento è, inoltre, accreditato dall'Ordine dei Giornalisti per n. 7 crediti (CFP).

“Dicono: c’è uno psicologo. Ma io non sono matta, che vado dallo psicologo. Tu mi devi dire: vieni, io ti ascolto. Se vuoi pubblicizzarlo devi dire: c’è un posto dove ti ascoltiamo. È molto diverso, perché una persona vuole essere ascoltata, non curata”.
Aurora racconta così l’esperienza di peer education che conduce da un paio d’anni insieme agli altri studenti di due licei romani, il Seneca e il Dante. È un progetto nato dalla collaborazione tra il dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1, la Fondazione Di Liegro e la Fondation d’Harcourt.

La “peer education” è una strategia di prevenzione e promozione della salute che si sta diffondendo in vari paesi. Studenti, docenti e psicologi lavorano insieme con l’obiettivo di aiutare i ragazzi a trovare un benessere psico-fisico e relazionale, fatto di autostima, fiducia, amicizia, senso di sicurezza. Quello che cercano, spesso senza averne una chiara cognizione, ma faticano a trovare nel gruppo, nella classe, nella scuola. Vincere il malessere che si vive nell’adolescenza è più facile se ad aiutarti sono tuoi coetanei, opportunamente formati. Ragazzi che condividono le tue esperienze. Diventano un po’ i tuoi tutor e ti avviano verso un percorso di sostegno psicologico.

Ogni settimana a scuola è aperto uno sportello di ascolto, con uno psicologo esperto di età evolutiva. Per prenotare un incontro c’è un foglio bianco su cui i ragazzi possono mettere anche un nickname, oppure solo un segno. Perché, spiega Sofia, ci si vergogna a chiedere un aiuto psicologico, davanti agli amici e anche in famiglia.

Per gli psicologi e i docenti il bilancio di questi due anni è decisamente positivo. I ragazzi che hanno partecipato al progetto sono cresciuti, maturati. Sono diventati molto più consapevoli su tematiche che li coinvolgono, come la cannabis, il fumo, l’alcool, il bullismo. Anche i loro comportamenti si sono modificati; sono più autonomi, più liberi, meno influenzabili da stimoli negativi che possono derivare dal gruppo dei coetanei.
Tutti concordano che è un’esperienza da proseguire e allargare ai genitori.

Questa è la storia di Linda. Nostra figlia ha 20 anni, è nata in Colombia e l’abbiamo adottata quando aveva 9 anni. Da bambina in famiglia i rapporti sono stati molto affettuosi, ma ben presto sono emerse difficoltà relazionali con i suoi pari. Si è sempre sentita “non accettata” e “rifiutata” dai compagni. Era molto esuberante e sembrava socievole, ma in realtà in sé covava tanta rabbia e senso di ribellione che sono esplosi con la crescita e l’adolescenza.

Partecipando al corso per volontari e familiari, siamo entrati in contatto umano con persone che, come nostra figlia, vivono un disagio mentale.
La famiglia di Linda

L’abbiamo aiutata con un supporto psicologico, poi anche con farmaci che la stabilizzassero nell’umore. Diventava però sempre più insofferente alle regole, astiosa verso la famiglia e i genitori, gli insegnanti, i compagni, il mondo. Ha lasciato la scuola al 3° anno del liceo e, a diciotto anni, ha deciso di “voltare pagina” e rifiutare tutto ciò che era stata. E’ rimasta fuori casa per mesi, ha frequentato ambienti degradati, alla ricerca di un qualcosa che desse un senso alla sua vita e alla sua infelicità.

Da quando ha “abbandonato” famiglia, scuola, supporto psicologico e medicine, non si è più impegnata in alcun tipo di progetto (studio, lavoro, hobby). La sua incostanza e variabilità d’umore le ha impedito di costruire alcunché. Da un anno circa frequenta un ragazzo con i suoi stessi problemi. Con lui ha creato un rapporto simbiotico. Stanno sempre insieme, senza fare nulla, senza amicizie, spesso in depressione. Questa stabilità affettiva però la contiene nei comportamenti e negli atteggiamenti più negativi.

L’incontro con la Fondazione Di Liegro

La storia di Linda prosegue quando siamo venuti a conoscenza della Fondazione Di Liegro nell’autunno del 2017 attraverso un annuncio sulla free press cittadina. Negli anni precedenti avevamo avuto diversi contatti con i terapisti di nostra figlia e avevamo anche vissuto il percorso della terapia familiare, ma il dolore e l’ansia non ci facevano comprendere nel profondo la situazione reale. Nel 2016 nostra figlia ci era “scappata di mano” ed eravamo persi.

Abbiamo cominciato a seguire il corso per volontari e familiari di persone con disagi mentali, organizzato dalla Fondazione. Le spiegazioni di professionisti, psicologi e psichiatri, l’ascolto e il confronto con gli altri familiari ci hanno aperto una finestra su un mondo con cui eravamo stati a contatto, ma che non avevamo capito veramente. Concetti, parole-chiave, suggerimenti ricevuti in passato hanno acquisito per noi un diverso significato razionale ed emotivo, grazie alla Fondazione Di Liegro, Abbiamo guardato nostra figlia con occhi nuovi, con meno rabbia per tutto il dolore vissuto a causa sua. E’ stato un cambiamento lento che ci ha riavvicinato a lei.

La Fondazione Di Liegro ci ha permesso di frequentare un gruppo di auto-mutuo aiuto, ci ha fatto conoscere la terapia multi-familiare e ci ha dato anche l’opportunità di fare volontariato. Siamo entrati così in contatto umano con persone che, come nostra figlia, vivono un disagio mentale. Insieme a loro, nei laboratori della Fondazione, svolgiamo attività semplici ma significative come il canto, il disegno, il teatro o il cucito. Impariamo a conoscerli e a conoscerci meglio. Condividiamo il loro dolore e i loro desideri.

Il futuro

Negli ultimi mesi la storia di Linda si è evoluta: è riuscita a fare, di tanto in tanto, qualche piccolo lavoretto. Ora la sfida è quella dell’autonomia. Le abbiamo dato l’opportunità di vivere con il suo ragazzo per imparare a gestire una casa e il vivere quotidiano. La nostra speranza è che, crescendo, possa migliorare, avere delle motivazioni di vita e ritrovare un po’ di serenità.

Stefania e Giovanni

Il disagio psichico giovanile sta diventando sempre più un elemento rilevante nella società moderna. Oggi, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione si comincia a percepire l’importanza di tale fenomeno che un tempo veniva sottovalutato.

Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) entro il 2020 oltre il 20% dei soggetti in età evolutiva soffrirà di alcune forme di disturbo mentale. Il suicidio sarà la terza causa di morte in età adolescenziale. In parallelo si sta assistendo ad un grande aumento dei disturbi comportamentali, correlati a situazioni come dipendenza da sostanze psicotrope, problemi relazionali, malattie, povertà.

Una delle più importanti emergenze dell’ultimo decennio riguarda i social network. Questo mezzo di comunicazione è sempre più incontrollabile, tanto che da gioco dei ragazzi nel tempo libero si sta trasformando in una vera e propria dipendenza.

I dati ci mostrano che in Italia, nella fascia di età sotto i 25 anni, la situazione è complessa. Per questo, la Fondazione Di Liegro ha deciso, nell’attuale edizione, di puntare sul tema del disagio psichico giovanile portando all’attenzione la prevenzione, in modo tale che ogni adolescente possa essere in condizione di vivere a pieno la propria esistenza al fine di evitare l’insorgere di acuzie e i propri processi degenerativi.

Il costo del corso è 20 € per gli studenti, 50 € tutte le altre categorie

Per iscriverti al corso CLICCA QUI

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