“Ci si trova di fronte a persone che sono passate
dal calvario del manicomio al calvario di chi si perde nella città.
E ciò riporta ad affrontare i problemi sociali connessi
a ogni forma di emarginazione e che sono al di là della psichiatria”.
Don Luigi Di Liegro
L’allerta sul sostegno psicologico delle persone più vulnerabili è alta. Negli ultimi giorni, dai principali Reparti di Neuropsichiatria Italiani vengono lanciati allarmi sull’incremento del disagio psichico nei giovanissimi; l’ Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e il Ministero dell’istruzione ha dato il via ad una ricerca di durata triennale sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti ai tempi del Covid-19; le Nazioni unite hanno lanciato un monito, con la presentazione del rapporto con le linee guida sulla salute mentale e il covid-19, esortando gli Stati membri perché diano impulso alle azioni globali per la Salute Mentale. Questi sono solo alcuni dei segnali che dimostrano come la pandemia, nostro malgrado, abbia fatto puntare un faro sulla salute mentale della popolazione come mai successo prima d’ora.
Accanto a chi oggi, a causa dei molteplici effetti diretti e indiretti della pandemia, vive per la prima volta difficoltà psicologiche, ci sono anche le persone e le famiglie per cui le nuove difficoltà psico-socio-economiche sono andate a sommarsi a quelle iniziate ben prima del marzo 2020. Per tante persone la malattia psichiatrica può essere infatti paragonata ad una realtà di povertà: sul piano personale a causa della perdita delle proprie autonomie, delle relazioni sociali e dell’isolamento conseguente allo stigma che colpisce il malato e la sua famiglia; sul piano sociale ed economico, per la difficoltà di veder riconosciuti i propri diritti umani e di cittadinanza, il diritto al lavoro, ad un abitare autonomo, ad un progetto di vita in cui sentirsi protagonisti della propria storia.
Chi si occupa di salute mentale sa quindi che la crisi è arrivata ben prima in un settore della sanità che più di altri fa i conti da anni con tagli di risorse che incidono su modalità e tempi di accesso ai servizi, sul numero di strutture territoriali, sulla gestione dell’emergenza psichiatrica, sui fondi da dedicare alle attività di riabilitazione psicosociale.
La Conferenza Nazionale per la salute mentale rappresenta per tutti gli attori coinvolti nel discorso sulla salute mentale, un momento di scambio, di bilancio, di riflessione, di proposta. E in quest’ultimo anno e mezzo più che mai, ci siamo interrogati, con un atteggiamento che in questa sede intende essere soprattutto costruttivo e generativo, se l’attore principale dei percorsi di cura dei cittadini, il nostro Sistema Sanitario Nazionale, abbia sufficienti forze e risorse per accogliere e curare l’ondata crescente di disagio psichico iniziata durante la pandemia e che con ragionevole certezza continuerà ad aumentare nei mesi seguenti.
Ma la vera domanda da porsi è: l’ente pubblico DEVE farcela da solo?
La pandemia Covid-19 ha evidenziato in modo drammatico che quando vengono meno le risorse, gli investimenti, un progetto di tutela della salute lungimirante e di prossimità, diffuso in modo capillare nei territori, la cura della salute diventa difficile, se non impossibile. Per la salute mentale questo è ancor più vero.
Ci chiediamo allora, cosa possono fare gli enti del privato sociale, le associazioni di volontariato, la associazione di utenti e familiari per farsi sostenitori e garanti di un modello di psichiatria territoriale e di comunità?
Crediamo che gli enti del terzo settore possano svolgere un ruolo decisivo nell’affrontare i problemi là dove si generano, nei territori, unendo al contributo dell’ente pubblico le altre forze della società civile, gli attori dell’assistenza informale, in una dinamica di valore complementare e che miri all’integrazione di più livelli di intervento. Questo è il modello che la Fondazione Di Liegro propone per promuovere dei sistemi di cura integrati e coerenti nella comunità e sul territorio
La Fondazione Don Luigi Di Liegro da oltre vent’anni opera nel campo della salute mentale collaborando con istituzioni pubbliche e private nella realizzazione di progetti, attività e ricerche finalizzate alla promozione del benessere psicosociale, la prevenzione del disagio psichico e la diffusione della cultura e della conoscenza della salute mentale.
Il programma di intervento della Fondazione “Volontari e Famiglie in Rete per la Salute Mentale” si articola in più attività. Tra le principali: corsi di formazione sulla salute mentale rivolti ai familiari e ai volontari da coinvolgere nelle attività a sostegno degli utenti dentro e fuori i servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale; gruppi di sostegno ai familiari; Servizi di informazione e orientamento per i cittadini; i progetti di prevenzione e promozione del benessere psicosociale nelle scuole; attività di ricerca.
Le testimonianze degli utenti, dei familiari, dei cittadini volontari, degli operatori che la Fondazione ha raccolto nel corso dei suoi anni di attività sono molteplici. Non ultime quelle della ricerca «Reti di cura e disagio psichico» realizzata negli anni scorsi, che ha raccolto e confrontato il sapere esperienziale di utenti, familiari e mondo associativo con quello professionale di operatori e responsabili dei presidi territoriali e dei Dipartimenti di Salute Mentale dell’intera città di Roma, per un totale di oltre mille persone intervistate.
Dalle evidenze emerse dal nostro lavoro operativo e dal lavoro di ricerca, emergono gli spunti di riflessione che la Fondazione presenta al tavolo “Il ruolo delle associazioni di utenti, familiari e del volontariato nei servizi di salute mentale” della 2a Conferenza nazionale per la salute mentale: “Per una salute mentale di comunità”.
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE NON VA INTESO COME DELEGA MA COME CIRCOLARITÀ VIRTUOSA in cui ogni soggetto contribuisce portando la propria esperienza e competenza. Il mondo del volontariato e del privato sociale non possono e non vogliono sostituirsi all’ente pubblico. Tra di loro deve instaurarsi una effettiva collaborazione che porta alla realizzazione di un bene comune. È dove il servizio pubblico funziona bene che il volontariato riesce ad essere una risorsa di inestimabile valore.
REALIZZARE PROGETTI CHE PERSEGUANO UNA EFFETTIVA INTEGRAZIONE SOCIO SANITARIA PER SOSTENERE CON MAGGIORE EFFICACIA I PERCORSI DI RECOVERY. Il ruolo del privato sociale è fondamentale nello svolgere una funzione di cerniera tra servizio pubblico e territorio, per offrire maggiori opportunità di risposta ai bisogni di lavoro, casa e vita sociale. Questi sono i bisogni che i servizi territoriali faticano maggiormente a garantire.
ATTENZIONE PRIVILEGIATA ALLA FASCIA DI ETÀ GIOVANILE: PREVENZIONE, INTERVENTO PRECOCE E SERVIZI DEDICATI ALL’INFANZIA, ALL’ADOLESCENZA e AI GIOVANI ADULTI. Collaborare con le agenzie educative e di socializzazione per promuovere attività di alfabetizzazione emotiva e prosociale in un’ottica di prevenzione e di educazione al benessere psicologico. Utilizzando la metodologia della peer education e rendendo i ragazzi protagonisti della attività fatte con, da e per loro. Formazione di figure non sanitarie, come gli operatori giovanili, che vivono i giovani nei luoghi di aggregazione naturale e possano svolgere un ruolo di facilitatori e di raccordo con i servizi per i ragazzi più vulnerabili.
FORMARE E RAFFORZARE LE PRIME LINEE DELL’INTERVENTO: MEDICI DI FAMIGLIA, PERSONALE SCOLASTICO, CONSULTORI FAMILIARI ATTORI PURTROPPO ANCORA MARGINALI NELLA SALUTE MENTALE. Presidi che sono di più facile accesso per le persone e possono e dovrebbero svolgere un ruolo di antenne sul territorio. Da qui anche l’importanza di un coinvolgimento strutturato dell’associazionismo anche nelle case della salute, come strumento per intercettare il disagio e collegare i cittadini con i servizi di cure primarie e specialistici.
ACCOMPAGNARE LE FAMIGLIE E GLI UTENTI NELLA CONOSCENZA E GESTIONE DELLA MALATTIA. Coinvolgere familiari e utenti in attività formative in grado di fornire conoscenze e strumenti operativi. Considerare gli utenti e le famiglie come portatori di risorse oltre che di bisogni e valorizzarne il sapere esperienziale. Agevolare le misure che permettono l’effettiva realizzazione del “dopo di noi”.
COINVOLGERE LA CITTADINANZA. INFORMARE, FORMARE E SENSIBILIZZARE LA COMUNITÀ. Riprendendo il titolo di questa seconda conferenza: Per una salute mentale di Comunità: per Comunità si intende un “Insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali […], da interessi”. È solo coinvolgendo tutti i cittadini, tutti gli appartenenti alla comunità locale, nel discorso sulla salute mentale, che quest’ultima può diventare un interesse della comunità e la comunità un luogo di effettiva integrazione e strumento per la lotta allo stigma e alla discriminazione delle persone con disagio psichico.