"Da marzo a dicembre del 2020, i ragazzi in carico alla giustizia minorile per violenza contro i familiari sono aumentati del 41%. L'età media di chi ha commesso questo tipo di reati, e quindi è stato messo in comunità, è inferiore a 15 anni. Si tratta quindi di ragazzini che faticano a riconoscere il disvalore delle azioni che hanno compiuto all'interno del contesto familiare che il più delle volte è conflittuale, spesso fortemente ambivalente".
A tracciare l'identikit dei minori che usano violenza contro i propri familiari è Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, intervenuta all'incontro digitale 'La salute mentale degli adolescenti: intercettare, prevenire e prendersi cura nell'emergenza Covid-19', promosso lo scorso 11 giugno dalla Fondazione Francesca Rava, con il patrocinio di Fofi (Federazione ordini farmacisti italiani) e Federfarma.
"Ci troviamo dunque di fronte a un nuovo fenomeno - constata Gatto all'Agenzia Dire - che merita di essere approfondito perché gli agiti violenti sono una conseguenza di tutto il sistema adulto, inteso come sistema famiglia e in generale come sistema sociale. Mentre un tempo l'aggregazione aveva anche una connotazione territoriale, ad esempio i ragazzi si riunivano per quartieri e in questo modo le istituzioni avevano la possibilità di controllare i fenomeni - ricorda l'esperta di Giustizia minorile - oggi la comunicazione digitale e social consente ai ragazzi di aggregarsi per delinquere anche senza essersi mai visti e senza appartenere allo stesso territorio. In assenza di un pensiero diverso, l'unico motivo di aggregazione è l'agire insieme con violenza. Il mondo delle istituzioni e la società devono organizzarsi e imparare a muoversi con la stessa velocità dei ragazzi per arginare e prevenire il fenomeno, perché - avverte Gatto - ci troviamo di fronte all'esplosione di un fenomeno che, al di là della situazione contingente, trova le sue radici nella mancanza di un piano educativo e sanitario per la salute mentale rivolta a individuare precocemente i segnali di disturbo psichico e comportamentale dei ragazzi".
Gatto è chiara: "Bisogna muoversi tempestivamente per individuare i segnali anticipatori di questo disagio minorile. Tutta la comunità, comprese le farmacie che sono un importante presidio della rete territoriale, non deve avere paura di vedere e deve sapere cosa fare dopo aver visto. Per questo occorre fare formazione e ricerca, per comprendere il fenomeno anche nelle sue manifestazioni sotto traccia".
La violenza che coinvolge i minori ha molte facce, come ricorda Lisa Di Berardino, vice questore della Polizia postale e
delle comunicazioni di Milano, che elenca alcuni dati relativi ai reati commessi nel mondo virtuale. "A livello statistico, dal
2019 al 2020, c'è stato un aumento del 77% dei casi trattati di vittimizzazione di minori, quindi pedopornografia, cyberbullismo, sexting, adescamento. Questo - chiarisce il vicequestore - significa che siamo passati da 2.379 a 4.200 casi. Così come si è registrato un importante aumento, pari al 132% dei casi trattati, di materiale fotografico e video pedopornografico prodotto e messo in rete dai minori stessi. Un trend confermato anche nei primi 4 mesi del 2021, con un aumento del 96% delle denunce".
Un altro elemento rilevante è l'abbassamento dell'età dei minori coinvolti: "Nel 2020-2021 abbiamo registrato casi già
nella fascia di età 0-9 anni, una fascia totalmente assente dalle nostre rilevazioni nel 2019". Anche in questo caso, ricorda Di
Berardino, è il mondo degli adulti a dover fornire ai ragazzi gli strumenti, pratici ma anche etici e morali, per affrontare la
vita sia reale che virtuale, "per distinguere il bene dal male, per saper riconoscere quando si è sbagliato. Genitori e agenzie
educative devono vigilare e al contempo mettersi al passo, in termini di digitalizzazione, dei giovani che- conclude il vice questore con un pensiero positivo- hanno le capacità per capire, sanno cosa serve. Noi dobbiamo tendere loro la mano e non mollare mai".
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