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I disturbi di salute mentale possono esporre a un maggior rischio di infezione breakthrough di Covid-19, cioè quelle infezioni che avvengono in chi si è già vaccinato o ha avuto già la malattia in passato. Lo sostiene una ricerca coordinata
dall'Università di San Francisco e pubblicata su Jama Network Open.

Lo studio, condotto su 263.697 persone con un'età media di 66 anni, ha mostrato che il rischio di infezione tra le persone sotto il 65 anni con abuso di sostanze, disturbi psicotici, disturbo bipolare, disturbo dell'adattamento e ansia era fino all'11% più alto che nelle persone senza problemi di salute mentale. Il rischio saliva fino al +24% tra le persone con più di 65 anni di età.

Per i ricercatori il maggiore rischio di infezioni tra le persone con disturbi psichiatrici non può essere interamente spiegato da fattori socio-demografici o condizioni preesistenti. "È possibile che l'immunità dopo la vaccinazione diminuisca più rapidamente per le persone con disturbi psichiatrici o potrebbero avere una protezione minore rispetto alle nuove varianti", afferma Aoife O'Donovan, una fra gli autori dello studio.

I ricercatori evidenziano, inoltre, come il rischio di infezioni fosse più basso per i giovani con disturbi mentali che non per gli anziani, nonostante tra i giovani si registrino molti più casi. Per O'Donovan questo fenomeno può essere spiegato con una possibile minore socializzazione tra i giovani con disturbi psicotici rispetto agli anziani che "potrebbero avere più contatti in considerazione delle loro peggiori condizioni generali di salute, che richiedono una presenza maggiore di caregiver o più contatti con personale sanitario".

In particolare, tra gli over 65 il rischio era del 24% più alto per quelli con problemi di abuso di sostanze, del 23% più alto per quelli con disturbi psicotici, del 16% più alto per chi soffriva di disturbo bipolare, del 14% per il disturbo dell'adattamento e del 12% per l'ansia. Tra i più giovani l'aumento di rischio associato ad abuso di sostanze era dell'11%, quello per disturbo dell'adattamento del 9%, per ansia del 4% e per disturbo post-traumatico da stress del 3%.

COVID, DISTURBI DELL’UMORE E SUICIDIO

Photo by Teona Swift from Pexels.com

Le condizioni di benessere psicologico dei ragazzi di 14-19 anni, nel 2021, sono peggiorate. È quanto emerge dal Rapporto Benessere e salute (BES) 2021, presentato da Istat. Il progetto BES ha portato il Paese a disporre di un sistema di misure del progresso reale, in continua evoluzione, e permette di dare risposte puntuali e di insieme alla domanda, semplice e al tempo stesso difficilissima,:“Come va la vita, in Italia?”. Grazie al rapporto, ha spiegato il presidente di Istat, Gian Carlo Blangiardo, è possibile mettere in luce le aree dove si manifestano diseguaglianze e individuare i gruppi più svantaggiati, indirizzando su solide evidenze la domanda di politiche mirate. 

Molti divari si sono mantenuti, o addirittura allargati: dalla speranza di vita alla nascita alla mortalità evitabile, dalla spesa dei comuni per la cultura all’impatto degli incendi boschivi e dell’abusivismo edilizio, più forte nelle regioni meridionali.
La pandemia si è tradotta per lo più in arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere psicologico e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli.
Ma sono stati anche i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi. Sono loro a richiedere, oggi e negli anni a venire, la massima attenzione da parte delle politiche.

Negli anni di pandemia sono proprio i giovani tra 14 e 19 anni gli unici ad aver conosciuto un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, con la percentuale di molto soddisfatti che è passata dal 56,9% del 2019 al 52,3% del 2021.
Se gli adolescenti insoddisfatti e con un basso punteggio di salute mentale nel 2019 erano il 3,2% del totale, nel 2021 tale percentuale è raddoppiata (6,2%). Si tratta di circa 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni che si dichiarano insoddisfatti della propria vita e si trovano, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico.
D’altra parte, gli stessi fenomeni di bullismo, violenza e vandalismo a opera di giovanissimi, che negli ultimi mesi hanno occupato le cronache, sono manifestazioni estreme di una sofferenza e di una irrequietezza diffuse e forse non transitorie.

In questo stesso gruppo di età, la sedentarietà è passata dal 18,6 al 20,9%, stante l’impossibilità per molti di svolgere in modo continuativo l’attività sportiva. E, tra i ragazzi di 14-17 anni, sono state osservate quote elevate di consumatori di alcol a rischio di danneggiare il proprio benessere psicologico (23,6%).

Tra i giovani, per i quali le relazioni tra pari sono della massima importanza per uno sviluppo armonico, è diminuita in modo tangibile anche la soddisfazione per le relazioni con gli amici. La quota dei ragazzi di 14-19 anni molto soddisfatti ha perso, in due anni, 6,5 punti. Tra il 2019 e il 2021, la percentuale di giovani di 14-24 anni che dichiarano di incontrarsi con gli amici almeno una volta a settimana è crollata dall'89,8% al 73,8%. In questa fascia di età è anche calata la percentuale di chi si dichiara molto soddisfatto delle proprie relazioni familiari (-4 punti).

Non è difficile intuire le ragioni di questa disaffezione: nel 2021, il protrarsi delle difficoltà per genitori e figli nel condividere gli spazi domestici anche per lavorare e seguire le lezioni, le ridotte possibilità di frequentare i compagni di studi dovute all’alternanza della didattica in presenza e a distanza per buona parte dell’anno scolastico o accademico, le limitazioni nella possibilità di praticare attività sportive e ricreative hanno contribuito a una sorta di desertificazione degli affetti, che ha eroso le basi della soddisfazione dei giovani.

L’attività di volontariato, che era rimasta stabile nel primo anno di pandemia: nel 2021 registra una contrazione di quasi 5 punti tra i giovani di 14-19 anni. Tra il 2019 e il 2021, anche la partecipazione sociale diminuisce molto, di circa 11 punti, nella fascia 14-24 anni.

Il nostro Paese, alla vigilia della pandemia, non aveva ancora recuperato le profonde perdite in termini di tasso di occupazione giovanile legate alla recessione economica e aveva accresciuto la distanza dalla media europea. Nel 2019 in Italia il tasso di occupazione dei giovani di 25-34 anni continuava infatti a rimanere il più basso di tutti i paesi europei, con una distanza particolarmente ampia per le ragazze. Con l’arrivo della pandemia, la situazione dei giovani sul mercato del lavoro si è ulteriormente deteriorata, soprattutto per le donne, il cui tasso di occupazione ha subito le perdite maggiori.

L’Italia ha un triste primato in Europa per la numerosità dei giovani tra 15 e 29 anni che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, noti come NEET (Not in Employment, Education or Training).

Un altro fattore di criticità è rappresentato dall’elevato numero di abbandoni precoci: la quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica, anche detti Early Leavers from Education and Training (ELET) nel 2021 è pari in Italia al 12,7%, valore più elevato di quello fissato come limite massimo in sede europea (10%), già raggiunto in media dall’UE.

Ai giovani più istruiti e qualificati, l’Italia non offre ancora opportunità adeguate. E così, nonostante le limitazioni alla mobilità imposte durante il primo anno di pandemia, e l’incertezza che ha caratterizzato il 2020, le emigrazioni all’estero dei giovani laureati italiani si sono intensificate rispetto al 2019.

Fondazione Di Liegro: S.O.S. Giovani. Vecchie, nuove e nuovissime dipendenze

Photo by Flávio Santos from Pexels.com

Adolescenti e Covid. Negli Stati Uniti, nei primi sei mesi del 2021, a causa della pandemia e del lockdown gli ospedali psichiatrici segnalano un aumento del 45% del numero di casi di autolesionismo e tentativi di suicidio fino ai 17 anni rispetto allo stesso periodo del 2020. In Italia il Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop), lo scorso ottobre in un report, con le risposte di 5.621 specialisti, rileva che i pazienti con meno di 18 anni in terapia sono aumentati del 31%. È la sintesi di un focus dell'Istituto superiore Freud di Milano che ha lo scopo di affrontare i problemi degli studenti in maniera adeguata.

"I segnali sono forti: ansia, depressione, autolesionismo. Dopo questi due anni di pandemia, bisogna intercettare il
disagio generale - ha spiegato il direttore Daniele Nappo - Con il post Covid, gli adolescenti stanno combattendo un periodo e una condizione molto complessa della loro vita, con contraccolpi ricadenti per la loro salute mentale; purtroppo del sostegno psicologico, della prevenzione e dell'ascolto si parlava poco prima e se ne parla poco anche oggi. I segnali del peggioramento diffuso sono chiari e condivisi ma l'allarme sembra essere inascoltato".

La pandemia ha prodotto un decadimento generale della salute mentale di ragazzi e ragazze, con conseguenze per tutti gli adolescenti fra i 12 e 18 anni - si sottolinea nell'analisi - Chi non aveva preoccupazioni ha dovuto affrontare fasi di
smarrimento e disagio dovute alle limitazioni della socialità; per chi era già in una condizione critica sono diminuite le
possibilità di chiedere un sostegno, e per il sistema sociosanitario è accresciuto il rischio di non farcela a intercettare e in parte anche a gestire le richieste di aiuto.

In tutta Italia gli ospedali sono stati obbligati ad aumentare i posti letto nei reparti di neuropsichiatria infantile per ricevere un numero di persone che mai si era visto negli ultimi anni.

Fondazione Di Liegro: Giovani e Youth Work

Photo by Gauthier Pierre from Pexel

Mercoledì 27 aprile, prende il via il Laboratorio Artistico della Fondazione Di Liegro dal titolo "La natura del corpo nello spazio pubblico". Il progetto si pone in continuità con il workshop "Nella natura l'ascolto", realizzato lo scorso anno.

L'osservazione della Natura si allarga alle piazze e ai vari elementi che compongono lo spazio pubblico. Ci soffermeremo sulle opere di arte pubblica collocate nella città e sulle trasformazioni che le stesse hanno assunto nel tempo. La postura delle statue sarà lo spunto per osservare il nostro corpo nello spazio, quello che comunichiamo con i gesti e con il nostro modo di stare al mondo.

Durante le passeggiate esplorative, si alterneranno alle camminate sessioni di disegno dal vero, di pittura, di scrittura, di registrazione dei suoni della città e della nostra voce, con cui comporremo una narrazione fatta di più linguaggi espressivi.

Il laboratorio "La natura del corpo nello spazio pubblico" vuole essere un vero e proprio spazio di ricerca in cui i partecipanti oltre a misurarsi con le proposte potranno proporre nuove sperimentazioni.

Iscrizioni aperte fino a esaurimento posti.

Per informazioni e prenotazioni:
tel: 06.679.2669 - 06.935.72.111
segreteria@fondazionediliegro.it

I laboratori artistici e di socializzazione della Fondazione Di Liegro

La fatica fisica e mentale di doversi prende cura di un familiare malato può avere conseguenze pesanti sugli adolescenti caregiver, Uno studio europeo condotto su 2.100 giovani caregiver tra i 15 e i 17 anni mostra che il 14% di loro ha pensato all'autolesionismo e più del 10% di fare male ad altri, che nel 45% dei casi era la stessa persona di cui si prendevano cura.

Lo studio, pubblicato su International Journal of Care and Caring, si inserisce nell'ambito del progetto "ME-WE" finanziato
dal programma Horizon 2020 dell'Unione Europea per offrire supporto agli adolescenti che nella loro vita quotidiana devono prendersi cura di qualcuno. I paesi coinvolti nello studio sono Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

Il 69% dei ragazzi intervistati si prendeva cura di un membro della famiglia, nella maggior parte dei casi un genitore. Tra gli italiani, il 59% era coinvolto nella cura dei nonni. Un dato  che, per i ricercatori, suggerisce come "in alcuni paesi i giovani stiano colmando le carenze dei sistemi per l'assistenza agli anziani".

Prendersi cura vuole dire aiutare con le faccende domestiche e burocratiche. Se ci sono disabilità o malattie, l'impegno diventa maggiore e ai giovani può essere chiesto di dedicarsi anche alle cure intime del paziente e, per quanto possibile, anche mediche. Un impegno che i ragazzi devono bilanciare con i loro doveri scolastici e con il resto delle attività e delle
sfide tipiche dell'età adolescenziale. Non sempre, però, ci si riesce.

Le ragazze sembrano essere particolarmente a rischio. Il 36% degli adolescenti caregiver intervistati ha affermato che la propria salute mentale è peggiorata a causa delle responsabilità a cui deve far fronte. Il 17% ha detto che il proprio rendimento scolastico ne ha sofferto e il 15% ha riferito di essere stato vittima di bullismo per il fatto di dover assistere qualcun altro.

Per i ricercatori, i risultati sollevano preoccupazioni urgenti sulla pressione e sull'impatto che l'assistenza a un malato provoca sui giovani, anche se in merito al pensiero di nuocere agli altri evidenziano di non avere rilevato elementi che lasciassero pensare che questi giovani potessero davvero rappresentare una minaccia per gli altri.

Photo by Judita Tamošiūnaitė from Pexels.

La Fondazione Di Liegro prosegue gli approfondimenti sui temi del volontariato e della salute mentale.

Abbiamo organizzato quattro appuntamenti on line su volontariato e salute mentale, che saranno visibili in diretta sulla pagina Facebook della Fondazione.

Nel corso delle dirette Facebook, analizzeremo i valori del volontariato, in particolare per i giovani, e della solidarietà a tutela dei diritti delle persone che vivono il disagio psichico; parleremo della necessità di rafforzare l’ambiente familiare per fornire un aiuto alla persona sofferente. In quest'ambito, la formazione è lo strumento che facilita l’attuazione di percorsi terapeutici e la diffusione di una maggiore conoscenza sulle modalità per affrontare il disagio psichico e favorire il benessere per tutti e in tutte le età

Gli appuntamenti saranno anche l'occasione per presentare il nuovo corso di formazione per volontari e familiari, in programma da maggio, nell'ambito del progetto "Percorsi di cittadinanza attiva per la promozione della salute mentale".

Adesso più, più che mai, servono cittadini consapevoli del ruolo che potranno avere nel benessere psicosociale della loro comunità.

Formazione al volontariato

Manifesto per la salute mentale: senza un servizio pubblico ben funzionante l'intero sistema della cura psichica va in crisi. La persona sofferente deve  essere presa in cura all'interno della comunità in cui vive. La terapia non è assistenza, ma un prendersi cura che include i desideri degli operatori e dei soggetti sofferenti.
Lo strumento della cura è l'equipe territoriale che ha un approccio multidisciplinare, all'interno del quale le diverse professionalità e prospettive scientifiche dialogano e collaborano tra di loro e con le associazioni degli utenti e dei loro familiari.

Sono questi i punti fondanti del rinnovamento della salute mentale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale proposti dal Manifesto per la Salute mentale, promosso da Angelo Barbato dell'Istituto farmacologico Mario Negri; Antonello D'Elia, presidente della Psichiatria democratica; Pierluigi Politi, ordinario di Psichiatria all'Università dì Pavia; Fabrizio Starace, presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica; Sarantis Thanopulos, presidente della Società psicoanalitica italiana.
Al Manifesto, presentato lo scorso 28 marzo con un evento online, aderiscono esponenti della società civile, società scientifiche e associazioni di operatori del servizio pubblico e del terzo settore.

Nel corso della presentazione, è stato sottolineato come "la cura farmacologica del dolore dissociata dal lavoro psicoterapeutico (nei servizi pubblici le psicoterapie rappresentano un 6% delle cure erogate) e dal complesso lavoro  di inserimento socioculturale e lavorativo nella comunità in cui si vive, lascia inevasa la domanda di soggettivazione della propria esperienza e di rivendicazione del diritto dì cittadinanza (negato di fatto al soggetto che ha perso il suo posto nel
mondo). Il farmaco è chiamato a una funzione impropria rispetto alla sua reale capacità di alleviare, rendere tollerabile il dolore e il suo uso diventa abusivo e abusante. Nella misura in cui il modello biomedico che insegue questa prospettiva, incurante del dialogo con gli altri saperi, pretende di costituirsi anche come paradigma dei modi di prendere cura dei nostri sentimenti, diventa un pericolo per la libertà e per la democrazia".

"Il progetto di un ripensamento della salute mentale, per potenziarla, non è un'operazione nostalgica. Intende, tuttavia, recuperare tutte le acquisizioni della legge 180, oggi largamente disattese, il pluralismo scientifico che per molti anni ha consentito un approccio alla sofferenza umanizzante e non tecnicistico e una civiltà della cura che aveva accantonato tutte le pratiche di contenzione violenta, oggi incredibilmente riammesse. Scuotere le coscienze è necessario per uscire dalla spersonalizzazione dei dispositivi terapeutici ma, al tempo stesso, la validità dei trattamenti sotto il profilo della qualità della vita e la loro capacità di farsi carico del dialogo tra il singolo e la collettività, fanno respirare i sentimenti e i pensieri di tutti".

"La formazione degli operatori deve essere eccellente: questo significa renderla più rigorosa e soprattutto intervenire sulla preparazione accademica. Il sostegno reciproco tra le equipe territoriali e le comunità in cui esse lavorano è molto importante ed è il miglior modo per evitare di precipitare negli anfratti di una società malata. La cura della società, nell'ambito del servizio pubblico, non passa attraverso le linee guida di un astratto 'benessere psicologico', una sorte di fitness psichica. Deve farsi carico delle situazioni concretamente e potenzialmente patogene, agendo in senso preventivo, ed è necessaria la collaborazione con prassi creative e saperi esterni alla salute mentale. La collaborazione sul piano clinico e della ricerca tra i dipartimenti della salute mentale, le università e le società scientifiche, alcune delle quali hanno attivato servizi di consultazione e di terapia rivolti al disagio sociale, è altrettanto necessaria".

Photo by Kindel Media from Pexels

È stato presentato il 1° aprile il Rapporto sulla povertà 2021 della collana «Un punto di vista» della Caritas di Roma. Giunto alla quinta edizione, il volume – 154 pagine ricche di infografiche e tabelle – documenta le numerose iniziative promosse dalle parrocchie di Roma negli ultimi due anni della pandemia.

Nel Rapporto, che ha per tema “False ripartenze?”, è presente anche una sezione dedicata allo scenario economico-sociale della Capitale e un’analisi sull’efficacia delle misure messe in atto nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che riguardano l’esclusione sociale.

La fotografia della città che il Rapporto sulla povertà 2021 offre, è quella di una città in bilico tra la tentazione di ripiegarsi sulle profonde ferite inferte dalla pandemia e la volontà di cogliere le notevoli opportunità offerte dal PNRR, dal prossimo Giubileo del 2025 e dalla possibile assegnazione a Roma Capitale dell’Expo 2030. Opportunità inedite per trasformare Roma e renderla una metropoli meno disuguale e dove sia più facile e soprattutto più umano, poter vivere con dignità.

La straordinaria prova di solidarietà a cui abbiamo assistito proprio nel periodo più aspro della pandemia permette di coltivare la speranza, e con essa la fiducia, di potercela fare. La speranza è un sentimento che va oltre l’emotività e che si radica su percezioni positive, senso di fiducia, attenzione e il riconoscimento di un sistema su cui relazionarsi.

Non è però qualcosa di misurabile, anche se i più recenti indicatori di benessere sociale tentano di percepire anche gli stati d’animo dei cittadini. Abbiamo però tanti modi per conoscere se una città vive nella speranza. Possiamo vederlo dal coinvolgimento e dalla partecipazione dei cittadini al bene comune, dalla solidarietà verso gli altri, dall’atteggiamento nei riguardi delle Istituzioni e, soprattutto, dalla vita delle famiglie, delle persone.

In un anno, il 2021 che doveva essere quello della rinascita, con la pandemia non ancora debellata e con la sua recentissima quarta ondata, dalla quale sembra si stia finalmente uscendo, nonostante alcuni segnali incoraggianti di una vigorosa ripresa economica, il rischio è che nei vissuti dei romani a prevalere sia la sfiducia. Non c’è da sorprendersi di questo, perché due anni così difficili e dolorosi, come il 2020 – 2021, logorano chiunque e pesano ancora di più soprattutto  su coloro che già in precedenza erano costrette a vivere in condizioni di precarietà se non proprio di marginalità.

La paura, con l’avvento dei vaccini, ha lasciato in molti il passo allo smarrimento, al permanere di un senso di insicurezza rispetto al futuro e alla possibilità di recuperare certi standard di vivibilità sociale ed economica. Quella che invece tende ad  aumentare è la solitudine di troppe persone e non solo per ragioni di carattere economico.

Al di là dei numeri – che pure pesano - non si riesce a tracciare ancora un bilancio di cos’è stato il Covid-19 nelle vite di ognuno e di come il suo impatto abbia trasformato la città in cui viviamo. C’è qualcosa di più profondo che è cambiato nell’arco degli ultimi due anni, nel vissuto, nelle relazioni tra e con le persone, su cui sarà importante fare luce.

Troppo forte ancora il coinvolgimento emotivo, parziali i dati statistici, precarie le situazioni di famiglie e imprese in bilico tra la speranza e la rassegnazione, vasta la platea di coloro che vivono “congelati” nelle numerose misure di sostegno introdotte dal Governo e dalle istituzioni comunali e regionali e grazie a molteplici iniziative solidaristiche realizzate grazie al variegato mondo del volontariato e dell’associazionismo religioso e laico.

Povertà della salute
Durante il 2020 il 9,6% della popolazione ha dichiarato di avere rinunciato a una o più prestazioni sanitarie pur avendone bisogno e la metà dichiara di averlo fatto per una causa connessa al Covid-19. Anche per la salute mentale la pandemia ha senz’altro giocato un ruolo determinante se si pensa che secondo il Rapporto BES nel 2020 si registra un indice di salute mentale pari a 68,8. In particolare, rispetto all’anno precedente, si evidenzia il peggioramento della condizione delle persone over 75 e delle persone di 55-64 anni che vivono da sole. Emerge il tema della profonda solitudine delle persone anziane. Rilevante anche il peggioramento della salute mentale delle donne tra 20-24 anni. Infine si stima in aumento del 30% i pazienti con patologie psichiatriche.

Da un ulteriore sondaggio, realizzato dall’Area sanitaria della Caritas diocesana nel giugno 2021 in 87 centri di ascolto parrocchiali aderenti alla “Rete diocesana delle parrocchie per la salute”, emerge che, durante il primo anno di pandemia, il 18% delle parrocchie ha predisposto un apposito servizio sanitario.

Tra queste, il 47% aveva attivi interventi di “consulenza psicologica”, il 36% di “dispensazione e raccolta farmaci”, il 34 % di “ambulatorio, visite mediche, visite specialistiche”, il 18% “collaborazioni con associazioni del territorio per visite mediche”. Tra le richieste ricevute, anche da quelle che non hanno attivi servizi sanitari, spicca il “sostegno per acquisto di farmaci” (81%), “sostegno al pagamento di ticket sanitario” (47%), “accompagno a visite mediche” (44%), “sostegno per il reperimento di mascherine” (28%), “visite mediche specialistiche” (22%), “cure odontoiatriche” (9%). Nell’85% delle risposte le richieste di aiuto sono arrivate indifferentemente sia da persone italiane che straniere, mentre nel 13% dei casi le richieste hanno riguardato “soprattutto persone italiane”.

Gli operatori parrocchiali hanno inoltre evidenziato che nel 71% dei casi a motivare il ricorso alla parrocchia sia stata la “mancanza di risorse economiche”; nel 48% perché la parrocchia è “luogo che ispira fiducia e in cui è possibile entrare in relazione”; nel 28% perché trovano “operatori qualificati per orientarli” verso il Servizio sanitario; nel 20% perché “non hanno altri riferimenti per avere informazioni”.

Scarica il Rapporto sulla povertà 2021

Secondo il Rapporto sulla salute mentale 2020, sono 728.338 le persone in Italia che nel corso del 2020 hanno avuto bisogno delle cure psichiatriche dei servizi specialistici, in pratica 143,4 ogni 10mila abitanti adulti, con differenze regionali che vanno dai 34,2 in Molise fino ai 195,4 in Umbria. Gli utenti sono di sesso femminile nel 53,6% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (69,0%).
Sono state 232.376 le persone che nel 2020 per la prima volta nella vita hanno chiesto aiuto ai servizi di salute Mentale.

È quanto emerge dall'ultimo Rapporto sulla Salute mentale pubblicato dal Ministero della Salute, che costituisce, a livello nazionale, la più ricca fonte di informazioni sugli interventi sanitari e socio-sanitari dell’assistenza alle persone adulte con problemi di salute mentale e alle loro famiglie.

Il Rapporto sulla salute mentale offre al lettore una panoramica delle evidenze emerse dalle varie fonti informative disponibili. I dati sono rilevati attraverso il SISM (Sistema Informativo Salute Mentale) che rappresenta lo strumento cardine per programmare a livello dell’erogazione dell’assistenza, regionale e locale, nonché per disegnare strategie di livello nazionale, modulate su tempi medio-lunghi, in considerazione dei trend della prevalenza dei principali disturbi mentali, a cui sono associati diversi gradi di disabilità, sofferenze individuali e della rete familiare, nonché pesanti costi economici e sociali.

Gli utenti dei servizi psichiatrici sono nel 53,6% dei casi donne e nel 69% dei casi hanno un'età superiore ai 45 anni. In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha tra i 45 e i 64 anni.

Le patologie più frequenti sono la depressione (31,2 casi per 10.000 abitanti), la schizofrenia e le altre psicosi funzionali (29,9), le sindromi nevrotiche e somatoformi (18), la mania e i disturbi affettivi bipolari (11,9), i disturbi della personalità e del comportamento (10,3). Tra i maschi sono più frequenti di disturbi schizofrenici, i disturbi di personalità, i disturbi da abuso di sostanze e il ritardo mentale, mentre le donne sono colpite prevalentemente da disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare per la depressione il tasso tra le donne è quasi doppio di quello dei maschi: 40,4 per 10.000 abitanti contro 24,2.

Tra gli utenti più giovani dei servizi territoriali predominano le sindromi nevrotiche e somatoformi; la prevalenza degli utenti con psicosi schizofreniche è massima intorno ai 50 anni, mentre i disturbi affettivi aumentano progressivamente attraverso le classi di età fino ai 64 anni. Come e Anche la depressione è una patologia che diventa più frequente al crescere dell'età raggiungendo un picco a 55-64 anni in entrambi i sessi.

Le prestazioni erogate nel 2020 dai servizi territoriali sono state 8.299.120, con una media di 12,3 prestazioni a utente. Il 33% degli interventi è rappresentato da attività infermieristica a domicilio e nel territorio, il 22,8% da attività psichiatrica, l'11,4% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale.
Per quanto riguarda l'assistenza ospedaliera, nel 2020 ci sono state 84.491 dimissioni dalle strutture psichiatriche (pubbliche e private), con una degenza media di 13,4 giorni. Gli accessi al Pronto Soccorso per patologie psichiatriche sono stati 421.208, il 3,2% del numero totale di accessi al PS.

La spesa media annua per l'assistenza psichiatrica nel 2020 è stata pari a 67,5 euro per ogni residente. Per i farmaci, la spesa lorda complessiva per gli antidepressivi è stata di oltre 391 milioni di euro in regime di assistenza convenzionata (con un numero di confezioni superiore a 37 milioni) e di 1 milione di euro in regime di distribuzione diretta (con un numero di confezioni pari a 496.762). Per la categoria degli antipsicotici spesa lorda superiore a 77 mln di euro per la convenzionata (5,9 mln di confezioni) e circa 72 mln di euro per la diretta (6,7 mln di confezioni). Per la categoria Litio la spesa lorda convenzionata pari a circa 3,6 mln di euro (confezioni 900.840) e 55.208 euro in distribuzione diretta (24.349 confezioni).

Nel 2020 il sistema informativo salute mentale ha rilevato dati di attività di 1.299 servizi territoriali, 1.949 strutture residenziali e 811 strutture semiresidenziali che si riferiscono a circa il 94% dei DSM. Nel 2020 il numero dei SPDC attivi (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura ) è pari a 328, con complessivi 4.156 posti letto per ricoveri ordinari e 310 posti letto per ricoveri in day hospital; le strutture ospedaliere in convenzione che erogano attività di assistenza psichiatrica sono pari a 18 con un totale di posti letto per degenza ordinaria pari a 792 e a 3 posti per day hospital. Per il totale Italia, l’offerta per i posti letto in degenza ordinaria è di 9,9 ogni 100.000 abitanti maggiorenni.

La dotazione complessiva del personale all’interno delle unità operative psichiatriche pubbliche, nel 2020, risulta pari a 28.807 unità, mentre sono 12.176 le unità che operano nelle strutture sanitarie convenzionate con il Dipartimento di Salute Mentale.

Scarica il Rapporto sulla salute mentale 2021

Una sintesi del recente editoriale dal titolo "Impatto della pandemia da Coronavirus (COVID-19) sui disturbi dell'umore e le intenzioni suicidarie", realizzato da alcuni dottorandi del Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute dell'Università La Sapienza di Roma.

La diffusione imprevista del Coronavirus (COVID-19) ha portato a una crisi globale che ha cambiato radicalmente le nostre vite. Dopo quasi 2 anni di pandemia, il COVID-19 rappresenta ancora una minaccia significativa per la sicurezza individuale e globale. I governi hanno adottato le necessarie misure restrittive per contenere l'infezione e ridurre l'impatto della crisi sui sistemi sanitari di tutto il mondo, hanno costretto le persone ad allontanarsi e isolarsi socialmente.

Per questo motivo, la pandemia ha ancora importanti ripercussioni non solo sulla salute fisica: il benessere psicologico è stato gravemente colpito considerando che durante il periodo pandemico è aumentato anche il rischio di insorgenza dei disturbi mentali.

Nell'editoriale sono descritti articoli di ricerca concentrati sugli effetti della pandemia sull'umore e sui comportamenti delle persone. Di particolare rilevanza, infatti, è stata la diffusione di sintomi depressivi, ansia e ideazioni suicidarie, in diversi paesi e popolazioni (come operatori sanitari, studenti e persone con specifiche condizioni cliniche). Inoltre, l'argomento di ricerca evidenzia le sfide attuali per far fronte all'impatto psicologico della COVID-19, fornendo spunti per la pratica clinica per sostenere gli operatori sanitari, i pazienti con COVID-19 e i loro familiari.

Chiara Ciacchella, Virginia Campedelli, Giorgio Veneziani, Gaia Romana Pellicano, Daniela Sambucini, Carlo Lai -
Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute, Università La Sapienza di Roma

Leggi la versione completa dell'editoriale "Impatto della pandemia da Coronavirus (COVID-19) sui disturbi dell'umore e le intenzioni suicidarie".

Photo by Polina Tankilevitch from Pexels

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