Anche in tema di dipendenze, l’impatto della pandemia sulla salute mentale è emerso con evidenza nella prima ondata del virus e ha una data d’inizio: il 9 marzo scorso, quando l’entrata in vigore del lockdown, il confinamento, ha cambiato forse per sempre il nostro stile di vita.
L’esistenza stessa del Covid-19 ha innescato una sindrome da disadattamento nella popolazione generale e a maggior ragione in una fascia di persone con preesistenti disturbi psichici con diagnosi nello spettro ansioso depressivo.
Nell’ambito delle dipendenze - in cui opera lo psichiatra Alessandro Vento, relatore del VI incontro del corso di formazione "Volontari e famiglie in rete per la salute mentale" e responsabile dell'Osservatorio sulle dipendenze - si sono modificati i pattern di consumo. C’è stato un massiccio aumento del consumo di alcol e di farmaci di prescrizione, soprattutto da parte di utilizzatori di sostanze psicoattive di strada, scomparse dal mercato durante il lockdown. Parallelamente è aumentata la adulterazione delle sostanze - che i consumatori hanno cominciato a tagliare con quello che avevano a disposizione, con danni maggiori per la salute - e l’acquisto on line di sostanze psicoattive, legali o no.
Da segnalare anche il ricorso a cibi con proprietà psico-farmacologiche (ad esempio le spezie) utilizzati nella pandemia insieme all’alcol, come condotta di tipo compensativo.
Ci sono state grandi differenze tra la prima e la seconda ondata del Covid, ha confermato Giuseppe Ducci, direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl Roma 1, anche lui relatore nel VI incontro del corso di formazione. Differenze dovute ai diversi tipi di isolamento messi in atto. I problemi di natura psichiatrica sono stati molto maggiori durante il lockdown. Nella Asl Roma 1 ci sono stati cinque suicidi, tutti di donne sole.
Bisogna considerare che gli elementi fondamentali della salute mentale sono la socialità e la resilienza che è quella capacità di adattarsi alle circostanze, superare lo stress degli eventi avversi che si verificano nella vita, mantenendo o ripristinando in tempi abbastanza brevi l’equilibrio.
Questa pandemia avviene a distanza di un secolo dalla "spagnola", in un mondo totalmente diverso e che cambierà ancora profondamente a causa dell’emergenza che stiamo vivendo, e deve essere un’opportunità per costruire un modo diverso di operare anche nella salute mentale.
Bisogna passare a “una nuova cultura della presa in carico dell’utente", basata sull’integrazione forte dei servizi, immaginare e realizzare gruppi di lavoro flessibili formati da diversi operatori con diverse competenze che si costituiscano su un caso, un paziente, ritagliati sulle caratteristiche della persona. Gruppi aperti a soggetti esterni, come le famiglie e le realtà attive nel territorio. Su questo la Asl Roma 1 sta lavorando.
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